Per molto tempo le redazioni dei
giornali hanno usufruito di congrui contributi statali a sostegno economico
delle loro attività. Nel 2008 però il parlamento ha iniziato a mettere mano
alla legge sul finanziamento all’editoria, abolendo per prima cosa ogni
criterio legato alla tiratura. Alla fine nel 2014 il sistema di contribuzione
diretta è stato abolito. Al momento esiste una forma di
finanziamento che è regolato dalla legge n.198 del 2016 che possano chiedere il
contributo coloro i quali abbiano le seguenti costituzioni giuridiche:
1- Cooperative
giornalistiche;
2- Enti
senza fini di lucro e imprese possedute interamente da enti senza fine di
lucro;
3- Quotidiani e periodici delle minoranze
linguistiche;
4- Imprese ed enti che editano
periodici per non vedenti o ipovedenti;
5- Associazioni di consumatori;
6- Imprese editrici di quotidiani e
periodici diffusi all’estero e le radio e tv locali.
Con giusta ragione sono stati esclusi
dai finanziamenti i giornali organi di partito e quelli che fanno capo a gruppi
editoriali quotati o che comunque sono partecipati da società quotate, fin qui
sembra del tutto normale che le testate di parte con il solo fine politico, non
godono dei contributi dallo stato.
Sarebbe, però, opportuno che i
rappresentanti del governo vaglino bene la questione, almeno, per quei giornali
locali, periferici, che affrontano le problematiche, entrano nelle case e danno
voce a chi non ne ha, attraverso i quali, i piccoli enti locali hanno
possibilità di approfondimenti sulle tematiche attinenti alle comunità che spesso
sono messe ai margini.
[IGINIO PINGITORE]