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HO VOTATO NO AL SOCIAL FREEZING: LA VITA NON SI PROGRAMMA.

Premesso che nutro il massimo rispetto per chi ha posizioni diverse dalle mie e riconosco pienamente la legittimità di una visione laica sui...

giovedì 18 dicembre 2025

HO VOTATO NO AL SOCIAL FREEZING: LA VITA NON SI PROGRAMMA.



Premesso che nutro il massimo rispetto per chi ha posizioni diverse dalle mie e riconosco pienamente la legittimità di una visione laica sui temi etici, ritengo doveroso dichiarare con chiarezza che, su tali questioni, la mia posizione è ispirata a una concezione cristiana, dalla quale difficilmente posso prendere le distanze. Pertanto dico la mia e allo stesso modo esigo anche io rispetto per la mia posizione. Sono anche consapevole che molte delle istanze che giungono all’attenzione delle istituzioni provengono da persone che vivono situazioni di sofferenza, spesso segnate da gravi patologie, e che proprio per questo chiedono comprensione e risposte. 

Tale consapevolezza impone a tutti noi un confronto serio, rispettoso e responsabile, che non perda mai di vista la dignità della persona umana. Tuttavia, a Crotone, a mio parere, ciò non è avvenuto. Ritengo che queste tematiche debbano essere prima approfondite in altre sedi, nelle commissioni consiliari e soprattutto in quella delle pari opportunità. Ormai è chiaro che in questo Consiglio comunale non si vota più per convinzione, ma per convenienza politica. Andiamo ai fatti: dopo che la consigliera Venneri ha già portato in votazione in questo Consiglio comunale una mozione a favore dell’eutanasia e del suicidio assistito, una scelta che non ha avuto il mio voto e che è stata presentata senza un serio e approfondito confronto né in sede di commissione né attraverso convegni o studi adeguati alla delicatezza del tema, oggi, insieme ai consiglieri Antonio Megna, Fabio Manica e Danilo Arcuri, ha avanzato un’ulteriore proposta. Si tratta di una richiesta rivolta alla Regione Calabria per l’adozione di una legge regionale che preveda un contributo economico per il cosiddetto social freezing, con gratuità per le pazienti oncologiche. Il punto è passato con tanti voti a favore, ma la mia posizione è netta e chiara.

L’ho ribadita anche in aula, richiamando le parole semplici ma profondissime del nostro grande monsignore Renato Maria Cosentini, parroco per 56 anni a Scandale: la nascita di un bambino è frutto dell’amore tra marito e moglie. Da sempre, infatti, la procreazione è stata il naturale esito dell’atto coniugale tra i coniugi. Oggi, invece, assistiamo a un progressivo stravolgimento di questo ordine naturale. Dopo milioni di anni di storia umana, si continuano a infliggere colpi alla famiglia tradizionale e al senso stesso della vita. Noi non siamo padroni della nostra vita neppure per un istante: da un momento all’altro possiamo essere chiamati a lasciarla. Figuriamoci se possiamo pretendere di programmarla a nostro piacimento, arrivando persino a pianificare la nascita di un figlio quando la donna non è più naturalmente fertile. Per me, questo rappresenta un affronto alla vita. La maternità non si rinvia. Non esistono motivazioni sociali, di carriera, di studio, di lavoro o legate all’assenza di un partner che possano giustificare pratiche orientate a una futura fecondazione artificiale.

Resto contrario anche al congelamento degli ovociti per gravi motivi medici: la sofferenza va accompagnata, sostenuta e rispettata, non piegata a una logica di manipolazione e pianificazione della vita. Ancora più grave è l’idea di mettere al mondo un bambino sapendo che, fin dalla nascita, potrebbe avere una madre fisicamente fragile e oggettivamente in difficoltà nel sostenerne la crescita, magari in un’età che è già quella della nonna. Per tutte queste ragioni, il mio voto è stato contrario: contrario per motivi etici e spirituali, ma anche per ragioni logiche e di buon senso.

VIAGGIARE A 50 KM/h E SPERARE DI TORNARE A CASA: LA NUOVA NORMALITÀ.

 


Non scrivo per suscitare compassione, ma per rendere testimonianza in un mondo che ormai vive di effimero, di cose momentanee e di vuoto, incapace di avere una visione futura. Più volte ho affrontato il problema dei cinghiali, sia sui miei Social sia nelle sedi istituzionali. Ma la politica, quella globalista e distante, resta sorda. I danni sono enormi, sotto gli occhi di tutti, eppure non esiste volontà per trovare soluzioni concrete.

Oggi non solo ci viene impedito di raggiungere i nostri poderi per “evitare incontri” con questi animali, ma è diventato praticamente impossibile anche per un contadino coltivare un semplice orto per uso familiare. Muoversi è ormai un pericolo costante, soprattutto lungo strade già di per sé malconce. Forse è meglio che restino così: almeno sei costretto a procedere lentamente.Proprio ieri sera, nei pressi del bivio Manile di San Mauro Marchesato, viaggiando a non più di 40–50 km/h, mi sono trovato davanti un cinghiale di dimensioni impressionanti, paragonabile senza esagerare a un vitellino tarchiato. Il risultato è quello che si vede in foto. Mi chiedo: se al volante ci fosse stato qualcuno a velocità sostenuta, oggi parleremmo solo di danni materiali o anche di vittime?

Denunciamo, segnaliamo, protestiamo. Ma a cosa serve, se la politica continua ad ascoltare solo l’élite e non più il popolo? Ovviamente non chiedo alcun risarcimento. Tra l’altro, per ottenerlo sarebbe stato necessario documentare l’accaduto con il cinghiale giacente sulla strada, che per sua fortuna è rimasto vivo. In ogni caso, non avrei chiesto neanche un centesimo, anche a causa di una burocrazia soffocante e scoraggiante.Del resto, percorriamo quotidianamente strade che sembrano una groviera, piene di buche e deformazioni, dove la sicurezza è ormai calpestata e dimenticata. È come dire, dalle sagge parole dei nostri detti: “avimu pirdutu l’occhi e jammu circandu i pinnulari”?

sabato 13 dicembre 2025

LA DONNA, IL PADRE ETERNO E LE SORTI DEL MONDO.

 

Premetto che, dal punto di vista religioso, le mie sono semplici riflessioni, spesso spontanee ma anche meditate. Lungi da me atteggiarmi a sapiente della fede. Pur nel rispetto delle altre confessioni, in particolare di quelle appartenenti ad altre denominazioni cristiane, che spesso con loro trovo condivisione anche se il mio pensiero si colloca chiaramente all’interno di una visione cattolica Spesso il cristianesimo, ancora di più si accusa la Chiesa cattolica di essere maschilista. Mi riferisco, ovviamente, alla Chiesa di un tempo, e non prendo in considerazione quella di oggi, segnata da continue uscite barcollanti e moderniste, dalle quali prendo le distanze. Tale accusa nasce dal fatto che il ministero sacerdotale è affidato agli uomini. In apparenza può sembrare così, ma nella sostanza la realtà è ben diversa.

È vero: gli Apostoli erano uomini e lo sono stati anche i loro successori, i vescovi. Tuttavia, non possiamo ignorare che molti di loro, oggi, sono lontani dallo spirito delle origini, spesso secolarizzati, e i frutti di questa deriva sono sotto gli occhi di tutti. Ma fin dall’inizio della storia della salvezza, Dio ha affidato alla donna un ruolo decisivo e insostituibile. Il Padre eterno non ha mai agito senza coinvolgere la libertà umana, e in modo particolare quella femminile. Dio bussa sempre alla porta del cuore e chiede un “sì”. Non impone, non forza: rispetta il libero arbitrio. Ma da quel “sì” o da quel “no” dipende il destino dell’uomo.

Pensiamo alle origini: Adamo ed Eva. Dio non aveva bisogno del consenso di Eva per creare il paradiso terrestre, ma pretese l’obbedienza, perché l’obbedienza è amore fiducioso. Il rifiuto di ascoltare Dio, quel “no”, ci è costato il peccato originale, una ferita che ciascuno di noi porta dentro e che, se non viene sanata, può costare la perdita della salvezza eterna. Eppure, nella storia, una Donna ha detto “sì” senza esitazione. Maria. Quando l’angelo le annuncia il progetto divino, non tergiversa, non chiede garanzie, non pretende spiegazioni umane: risponde con un atto di totale fiducia. Quel “Eccomi” ha cambiato il corso della storia. Accogliendo Cristo nel suo grembo, Maria ha portato al mondo la Salvezza. In Gesù Cristo, Figlio di Dio, ci viene annunciata la vita nuova.

Per questo la donna nella Chiesa, è molto più centrale di quanto si voglia far credere. Il primo e decisivo “sì” alla redenzione è stato pronunciato da una Donna. E non è tutto. La donna non appartiene solo al passato: avrà un ruolo unico anche nel tempo finale, nel compimento della storia Lo testimonia il Vangelo di Giovanni nell’Apocalisse: «Vidi una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle …» Quella Donna è segno di speranza, di vittoria, di maternità spirituale. È la prova che Dio affida alla donna le svolte decisive della storia della salvezza. Forse il "sì“ di una donna al Padre Eterno può ancora cambiare il mondo, anche nelle piccole cose, semplici e quotidiane

lunedì 8 dicembre 2025

Non potrei essere me stesso, oggi, se non ti dedicassi un pensiero in un giorno così importante. Lo sai: sei sempre presente nella mia mente. Ti invoco in ogni momento, perché ho sempre creduto che tu sia una cooperatrice che non oscura né diminuisce l’unica mediazione di Cristo. Nel progetto di salvezza voluto dal Signore, infatti, duemila anni fa Lui ha scelto te, di incarnarsi nel tuo seno e di rivelarsi a noi attraverso di te.

Ti dedico questo momento, tu che nella mia vita hai compiuto meraviglie e mi hai dato la forza di essere sempre più saldo e libero, in un mondo che spesso rincorre la vanità.

Con venerazione oggi celebriamo la solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, una delle verità più luminose della fede cattolica, testimoniate nelle sue apparizioni a Lourdes. Chi più di Lei può condurci a Dio? Maria è la via sicura, il sentiero diretto che ci introduce al cuore di Cristo. 

La Chiesa l’ha sempre riconosciuta come mediatrice di grazia: non perché tolga qualcosa al Signore, ma perché tutto ciò che compie conduce a Lui.

È un pilastro del cammino cristiano: colei che ha schiacciato, schiaccerà la testa del serpente e continua a proteggere i suoi figli dalle insidie del male.

Continuerò ad appoggiarmi a te, lasciando che la tua Immacolata Purezza illumini la nostra vita e il nostro cammino verso la Gerusalemme celeste.

domenica 30 novembre 2025

CROTONE E LE ELEZIONI DEL 2026: TRA MANOVERE SILENZIOSE E GIOCHI DI POTERE RISCHIA DI PREVALERE ANCORA LA POLITICA DELLE MULTINAZIONALI. LA CITTA’ DOVRA’ RIPRENDERSI IL FUTURO.

Crotone vive una delle fasi più delicate della sua storia recente. Mentre i partiti osservano in silenzio, chiusi in una prudenza che sa più di calcolo che di responsabilità, i cittadini attendono di capire quale sarà la direzione della prossima stagione amministrativa.
La domanda che circola non è più “chi sarà il prossimo sindaco”, ma una molto più scomoda: “a chi risponderà il prossimo sindaco?”
Una città che ha già pagato troppo, e rischia ancora una volta di pagare un maggiore tributo, forse molto salato. Per decenni Crotone è stata un laboratorio sperimentale nelle mani altrui. Non un progetto politico nato in città, ma un territorio usato, sfruttato, manipolato. Basta vedere come siamo isolati, sempre meno infrastrutture, meno popolazione e più disoccupazione. Le multinazionali, protagoniste ingombranti, hanno lasciato dietro di sé promesse mancate e ferite ambientali mai risanate. Le bonifiche, annunciate e mai completate, sono ancora lì a testimoniare una gestione lontana dagli interessi dei cittadini. Eppure, ogni cinque anni, tutto ricomincia da capo, come se la memoria collettiva fosse un dettaglio secondario.
La verità è semplice: Crotone non può più permettersi figure cresciute nei salotti delle multinazionali, portatrici di un’agenda dettata altrove e non costruita per la città.
Tra i temi più gravosi che incombono sul futuro del territorio c’è quello dei rifiuti industriali giacenti da decenni, che neppure in questo lustro si è riusciti a rimuovere definitivamente. Poi ci sono gli impianti di smaltimento, le cui lavorazioni sono destinate ad aumentare sempre di più: lo dimostrano le ultime concessioni di ampliamento a favore di A2A. Questo settore è un vero campo di battaglia, in cui si muovono aziende di calibro nazionale e poteri forti, spesso trasversali, che alla città danno pochissimo rispetto all’impatto e alle devastazione del territorio. Da settimane la domanda che gira non è “chi è il candidato migliore?”, bensì: “chi è la persona giusta per le aziende che operano nel settore?” Un interrogativo che pesa come un macigno, perché racconta con chiarezza la posta in gioco. In questo quadro, i partiti sembra che restino immobili. Osservano, non parlano, non scelgono. Un silenzio che sa di convenienza o, peggio, di paura. Qualche apparizione sporadica, comparse che si affacciano giusto per non scomparire, ma nessuno che abbia il coraggio di prendere una posizione netta. È un comportamento che inquieta: una politica debole, timorosa, incapace di difendere la città dai poteri che da anni contano più del Consiglio comunale. Gli ultimi cinque anni lo dimostrano chiaramente. Ma in tutto questo il peggiore pericolo è: “ un uomo di legno”
La storia recente è un monito: quando la politica tace e le lobby parlano, nasce un sindaco “di legno”, un amministratore che indossa la fascia tricolore ma non governa.
Un sindaco che esegue, non decide. Crotone non può più permettersi una guida così.
Un’altra stagione di immobilismo significherebbe perdere ancora una volta l’occasione di cambiare rotta e condannare una nuova generazione a un destino senza prospettive.
Attualmente, chi è realmente in campo? Di certo rimarrà l’attuale sindaco, Vincenzo Voce con il suo movimento, anche se ancora non sappiamo se correrà da solo o con il sostegno dell’intero centrodestra. Su di lui preferisco non pronunciarmi: ho già espresso ampiamente il mio dissenso. C’è poi Vito Barresi, che fin dall’inizio di quest’ultima sindacatura ha dato la sua disponibilità. la mia riflessione, però, oggi riguarda soprattutto la politica dei partiti crotonesi , e non solo, che finora non hanno certo brillato per esempi di buona amministrazione. Sarà questa la volta buona? Ne dubito. Intanto, però, la scelta non può più essere rimandata. Il bivio è chiaro:
un sindaco libero, competente, radicato nella città, capace di dire no quando serve e sì quando è davvero utile;
oppure l’ennesimo amministratore imposto, utile ai poteri economici e non ai cittadini.
Crotone non può continuare a essere un terreno di conquista. Ha bisogno di una guida che conosca le sue ferite, i suoi bisogni, le sue potenzialità, e che non abbia debiti politici da saldare. Non c’è più spazio per leggerezze né per candidature calate dall’alto. Il futuro della città non può essere lasciato all’incertezza o alle pressioni esterne. Crotone è davvero a un bivio: scegliere un futuro autonomo e coraggioso o restare intrappolata nel passato. Sono convinto che la decisione arriverà presto e che tutti saranno costretti a scoprire le proprie carte. Stavolta la differenza la farà il coraggio: quello di chi saprà rompere gli schemi e quello di una città che deciderà finalmente di sostenerlo. Qualcuno mi chiede: “E tu che farai?”. Sinceramente, ho le mie idee, ma al momento anche io resterò a guardare. Una mia candidatura al consiglio comunale, con questi chiari di luna, la vedo assai lontana: finché le maggiori forze cittadine continueranno a nascondersi dietro un dito, senza trasparenza né prese di posizione chiare, l’idea non mi attira affatto.

mercoledì 26 novembre 2025

CAMPAGNA SOTTO ASSEDIO? IL DIRITTO DI VIVERE LA TERRA STA SCOMPARENDO

 

Io la campagna la porto nel cuore. Mio padre era agricoltore e, fin da bambino, le giornate trascorse tra i campi non mancavano. Forse è per questo che, ancora oggi, difendo con forza quel mondo: lo faccio sui social, ma soprattutto nei contesti politici e culturali. Eppure, ogni volta che affronto questo tema, mi accorgo che molti non colgono la gravità della situazione. Siamo abituati a pensare che lo Stato ci protegga, soprattutto ora che viviamo in un’Unione Europea sempre più distante da certi valori essenziali. I fatti di questi giorni sembrano confermare che qualcosa stia cambiando in una direzione preoccupante: tre bambini sono stati allontanati dalla loro famiglia, che vive in una casa nel bosco in Abruzzo, con la motivazione dell’obbligo scolastico. Come se l’educazione parentale non fosse pienamente legittima secondo la Costituzione e le leggi vigenti, soprattutto quando svolta con il supporto di una scuola autorizzata.

E poi, nelle nostre campagne, quante persone sono cresciute, e ancora oggi vivono, in zone isolate, senza che sia mai mancata l’istruzione? Allora la domanda sorge spontanea: cosa sta succedendo davvero? C’è davvero la volontà di scoraggiare chi vuole continuare a vivere in campagna?Le preoccupazioni che un tempo sembravano esagerate oggi appaiono sempre più concrete: la figura del contadino rischia di scomparire. Nei paesi ne restano pochi, e quel poco che rimane frequenta sempre meno i campi. Perché? Perché da 10–15 anni assistiamo a una proliferazione incontrollata dei cinghiali, che devastano i raccolti e spaventano soprattutto gli agricoltori più anziani, ormai timorosi perfino di entrare nei propri terreni.

Non voglio offendere nessuno, tantomeno gli animalisti: lo sono anch’io. Non credo nella caccia indiscriminata, ma credo nella gestione. Un tempo lo Stato, e ancor più le Regioni, applicava protocolli seri per evitare questa situazione. Oggi non più. Il cinghiale ha diritto di vivere in campagna, certo. Ma anche l’uomo. E allora mi chiedo: vi capita di andare oggi nelle campagne? Quanta desolazione, quanto abbandono. Quanti querceti e quanti alberi di pregio spariti, nessun controllo, e  dulcis in fundo,  mini discariche ovunque lungo le strade. Una vergogna. L’abbandono della terra significa spopolamento delle campagne e dei nostri borghi che un tempo vivevano di agricoltura.

E cosa c’entra tutto questo con la vicenda dei bambini sottratti alla famiglia? C’entra eccome. Perché ho l’impressione che le attuali politiche stiano orientando l’uso delle terre verso finalità che poco hanno a che vedere con la vita agricola: grandi distese di pannelli fotovoltaici e impianti eolici che avanzano ogni anno. Allora mi domando: si vuole scoraggiare la presenza dell’uomo nelle campagne, rendendogli la vita impossibile? A me sembra che stiamo andando proprio in quella direzione. Sbaglio? Nella storia della Repubblica non si era mai vista una tale incapacità,o mancanza di volontà, nel controllare la fauna selvatica, né un abbandono così evidente di ettari di boschi, che un tempo erano considerati patrimonio pubblico. Il risultato? In campagna ci va sempre meno gente. E chi ancora sceglie di viverci si trova in condizione di essere scoraggiato e ostacolato.

sabato 22 novembre 2025

È IL TEMPO DEI PREPOTENTI, MA… C’È SEMPRE QUELLO DI DIO!

 

Quando finirà il tempo dei prepotenti? Oggi sembra di essere al culmine. La domanda mi è sorta ascoltando le parole di un saggio uomo religioso, mentre scorrevo distrattamente i social. Da lì è nata una riflessione: viviamo davvero in un’epoca in cui la prepotenza sembra aver messo radici ovunque, dai vertici più alti della società fino alle sue basi. Dai poteri politici a quelli culturali, da quelli economici a quelli religiosi. Tutto vacilla, e spesso non ce ne accorgiamo neppure.

Sono tempi di sopraffazione. I prepotenti, coloro che impongono la propria volontà con arroganza, forza o inganno, non agiscono più nell’ombra. Un tempo si nascondevano dietro nobili parole o ruoli prestigiosi; oggi agiscono alla luce del sole, senza timore e senza vergogna. Basta accendere la televisione: parlano di politicamente corretto, ma poi sono i primi a insultare, con parolacce, manca solo la bestemmia, anche nella televisione di Stato. È come se ogni argine morale si stesse sciogliendo, come se nulla riuscisse più a frenare il dilagare dell’arroganza. Le tenebre avanzano e l’uomo, sempre più spesso, non sente più il bisogno di stare con Dio. Per molti, Dio non è più “comodo”, anche per tanti consacrati, in un mondo che corre verso l’individualismo assoluto. E allora viene spontaneo chiedersi: se ancora abbiamo un briciolo di fede, davvero non vediamo che forse ci stiamo avvicinando ai tempi dell’Apocalisse?

“I tempi dei prepotenti” sono qui, sotto i nostri occhi: tempi in cui dominano coloro che opprimono, che impongono, che governano con l’arroganza invece che con il servizio. Non ce ne accorgiamo; viviamo nella cecità. Forse è quella stessa cecità che la Bibbia indica quando afferma che alla fine dei tempi Dio manderà una potenza d’inganno a coloro che non hanno accolto la verità: non vedremo più il bene, la retta via e la giustizia. Guerre imposte dall’alto senza giustificazioni, poteri affidati a uomini non degni, che li esercitano come pedine, spesso in cambio di pochi soldi o,  per un piatto di lenticchie.

Assistiamo a un cambiamento culturale che spaventa: stiamo dissolvendo l’identità umana, le famiglie si indeboliscono e scompaiono, diritti conquistati con sacrificio vengono erosi e si intravede persino il rischio di nuove forme di schiavitù. Una volta, forse, le cose sembravano più giuste; oggi viviamo un’epoca in cui la prepotenza non si annida solo nel potere politico o economico, ma anche nella quotidianità: nelle relazioni, nel linguaggio, nelle scelte collettive. La corruzione si espande, la morale si perde.

Eppure, proprio quando i prepotenti dominano, è fondamentale non arrendersi. La storia insegna che ogni oscurità genera la sua luce, e che ogni arroganza trova prima o poi il limite della sua stessa cecità. Come ricordano le sagge riflessioni spirituali, esiste una sola via di salvezza e di resistenza autentica: il ritorno a Dio. Non un ritorno rituale, formale o di facciata, ma un ritorno del cuore, della coscienza, della verità. Perché solo una società che rimette Dio al centro può sperare di liberarsi davvero dalla prepotenza degli uomini.