Premesso che nutro il massimo rispetto per chi ha posizioni diverse dalle mie e riconosco pienamente la legittimità di una visione laica sui temi etici, ritengo doveroso dichiarare con chiarezza che, su tali questioni, la mia posizione è ispirata a una concezione cristiana, dalla quale difficilmente posso prendere le distanze. Pertanto dico la mia e allo stesso modo esigo anche io rispetto per la mia posizione. Sono anche consapevole che molte delle istanze che giungono all’attenzione delle istituzioni provengono da persone che vivono situazioni di sofferenza, spesso segnate da gravi patologie, e che proprio per questo chiedono comprensione e risposte.
Tale consapevolezza impone a tutti noi un confronto serio, rispettoso e responsabile, che non perda mai di vista la dignità della persona umana. Tuttavia, a Crotone, a mio parere, ciò non è avvenuto. Ritengo che queste tematiche debbano essere prima approfondite in altre sedi, nelle commissioni consiliari e soprattutto in quella delle pari opportunità. Ormai è chiaro che in questo Consiglio comunale non si vota più per convinzione, ma per convenienza politica. Andiamo ai fatti: dopo che la consigliera Venneri ha già portato in votazione in questo Consiglio comunale una mozione a favore dell’eutanasia e del suicidio assistito, una scelta che non ha avuto il mio voto e che è stata presentata senza un serio e approfondito confronto né in sede di commissione né attraverso convegni o studi adeguati alla delicatezza del tema, oggi, insieme ai consiglieri Antonio Megna, Fabio Manica e Danilo Arcuri, ha avanzato un’ulteriore proposta. Si tratta di una richiesta rivolta alla Regione Calabria per l’adozione di una legge regionale che preveda un contributo economico per il cosiddetto social freezing, con gratuità per le pazienti oncologiche. Il punto è passato con tanti voti a favore, ma la mia posizione è netta e chiara.
L’ho ribadita anche in aula, richiamando le parole semplici ma profondissime del nostro grande monsignore Renato Maria Cosentini, parroco per 56 anni a Scandale: la nascita di un bambino è frutto dell’amore tra marito e moglie. Da sempre, infatti, la procreazione è stata il naturale esito dell’atto coniugale tra i coniugi. Oggi, invece, assistiamo a un progressivo stravolgimento di questo ordine naturale. Dopo milioni di anni di storia umana, si continuano a infliggere colpi alla famiglia tradizionale e al senso stesso della vita. Noi non siamo padroni della nostra vita neppure per un istante: da un momento all’altro possiamo essere chiamati a lasciarla. Figuriamoci se possiamo pretendere di programmarla a nostro piacimento, arrivando persino a pianificare la nascita di un figlio quando la donna non è più naturalmente fertile. Per me, questo rappresenta un affronto alla vita. La maternità non si rinvia. Non esistono motivazioni sociali, di carriera, di studio, di lavoro o legate all’assenza di un partner che possano giustificare pratiche orientate a una futura fecondazione artificiale.
Resto contrario anche al congelamento degli ovociti per gravi motivi medici: la sofferenza va accompagnata, sostenuta e rispettata, non piegata a una logica di manipolazione e pianificazione della vita. Ancora più grave è l’idea di mettere al mondo un bambino sapendo che, fin dalla nascita, potrebbe avere una madre fisicamente fragile e oggettivamente in difficoltà nel sostenerne la crescita, magari in un’età che è già quella della nonna. Per tutte queste ragioni, il mio voto è stato contrario: contrario per motivi etici e spirituali, ma anche per ragioni logiche e di buon senso.
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