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domenica 2 marzo 2025

" OJII E OTTU". VITA PAESANA DI UN TEMPO


Un tempo, la vita era semplice ma intensa. Gli spostamenti erano un lusso per pochi, riservati a chi migrava; la maggior parte di noi viveva nel raggio del proprio paese, o al massimo nel circondario provinciale, senza telefoni né mezzi di trasporto, se non asinelli e cavalli. Le prime automobili, rare e costose, non erano alla portata di tutti. Eppure, in quell'attesa di un giorno diverso, si trovava un senso di pienezza. Le feste religiose, la nascita di un figlio, la macellazione del maiale: eventi che scandivano il ritmo della vita, ogni attesa portando con sé promesse di gioia e abbondanza.

Le famiglie, numerose e unite, si preparavano per la grande festa del maiale, un giorno di raccoglimento e gratitudine. La conservazione dei prodotti suini era fondamentale per affrontare l'inverno; una famiglia contava in media sette, otto, fino a dieci membri. Ma la vera attesa, quella che scaldava il cuore, era legata alla raccolta: “a ricòta”. Era il momento in cui il contadino chiudeva i conti con la vita, estinguendo debiti e celebrando il duro lavoro.

In ogni angolo, l’attesa era un filo che univa i giorni, conferendo valore al presente e al futuro. Si contavano le settimane, i giorni, gli istanti. L’ultima settimana era la più dolce: “Oiji e ottu” diventava il mantra che anticipava feste e celebrazioni. A Scandale, si ripeteva: “Oiji e ottu è ra festa i Cundoliu”, mentre per i contadini il momento culminante era la macellazione: “Oiji e ottu e ammazzamu lu porcu”.

A giugno, i creditori tornavano da chi doveva loro denaro, presentando il conto. Ma i contadini, con prontezza, rispondevano: “Vi pagamu a ricòta”, ovvero dopo la raccolta di frumento e cereali, quando i granai si riempivano. 

Così, la vita scorreva frenetica, tra problemi e difficoltà, ma affrontate con gioia e attese cariche di speranza.

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