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È IL TEMPO DEI PREPOTENTI, MA… C’È SEMPRE QUELLO DI DIO!

  Quando finirà il tempo dei prepotenti? Oggi sembra di essere al culmine. La domanda mi è sorta ascoltando le parole di un saggio uomo reli...

sabato 22 novembre 2025

È IL TEMPO DEI PREPOTENTI, MA… C’È SEMPRE QUELLO DI DIO!

 

Quando finirà il tempo dei prepotenti? Oggi sembra di essere al culmine. La domanda mi è sorta ascoltando le parole di un saggio uomo religioso, mentre scorrevo distrattamente i social. Da lì è nata una riflessione: viviamo davvero in un’epoca in cui la prepotenza sembra aver messo radici ovunque, dai vertici più alti della società fino alle sue basi. Dai poteri politici a quelli culturali, da quelli economici a quelli religiosi. Tutto vacilla, e spesso non ce ne accorgiamo neppure.

Sono tempi di sopraffazione. I prepotenti, coloro che impongono la propria volontà con arroganza, forza o inganno, non agiscono più nell’ombra. Un tempo si nascondevano dietro nobili parole o ruoli prestigiosi; oggi agiscono alla luce del sole, senza timore e senza vergogna. Basta accendere la televisione: parlano di politicamente corretto, ma poi sono i primi a insultare, con parolacce, manca solo la bestemmia, anche nella televisione di Stato. È come se ogni argine morale si stesse sciogliendo, come se nulla riuscisse più a frenare il dilagare dell’arroganza. Le tenebre avanzano e l’uomo, sempre più spesso, non sente più il bisogno di stare con Dio. Per molti, Dio non è più “comodo”, anche per tanti consacrati, in un mondo che corre verso l’individualismo assoluto. E allora viene spontaneo chiedersi: se ancora abbiamo un briciolo di fede, davvero non vediamo che forse ci stiamo avvicinando ai tempi dell’Apocalisse?

“I tempi dei prepotenti” sono qui, sotto i nostri occhi: tempi in cui dominano coloro che opprimono, che impongono, che governano con l’arroganza invece che con il servizio. Non ce ne accorgiamo; viviamo nella cecità. Forse è quella stessa cecità che la Bibbia indica quando afferma che alla fine dei tempi Dio manderà una potenza d’inganno a coloro che non hanno accolto la verità: non vedremo più il bene, la retta via e la giustizia. Guerre imposte dall’alto senza giustificazioni, poteri affidati a uomini non degni, che li esercitano come pedine, spesso in cambio di pochi soldi o,  per un piatto di lenticchie.

Assistiamo a un cambiamento culturale che spaventa: stiamo dissolvendo l’identità umana, le famiglie si indeboliscono e scompaiono, diritti conquistati con sacrificio vengono erosi e si intravede persino il rischio di nuove forme di schiavitù. Una volta, forse, le cose sembravano più giuste; oggi viviamo un’epoca in cui la prepotenza non si annida solo nel potere politico o economico, ma anche nella quotidianità: nelle relazioni, nel linguaggio, nelle scelte collettive. La corruzione si espande, la morale si perde.

Eppure, proprio quando i prepotenti dominano, è fondamentale non arrendersi. La storia insegna che ogni oscurità genera la sua luce, e che ogni arroganza trova prima o poi il limite della sua stessa cecità. Come ricordano le sagge riflessioni spirituali, esiste una sola via di salvezza e di resistenza autentica: il ritorno a Dio. Non un ritorno rituale, formale o di facciata, ma un ritorno del cuore, della coscienza, della verità. Perché solo una società che rimette Dio al centro può sperare di liberarsi davvero dalla prepotenza degli uomini.

giovedì 20 novembre 2025

ATTORNO AL FOCOLARE UN TEMPO TUTTE LE MAGIE, MA ANCHE MISTERO.... VI RACCONTO!

"C’era ’na vota, cu’ami si dicìssa…”

Era così che, nel nostro paese, si dava inizio a una favola, "na fravula". Non so se anche nelle altre comunità calabresi si usasse la stessa espressione, ma da noi bastava pronunciarla per compiere una piccola magia: riunire tutta la famiglia, dai bambini più piccoli ai nonni.  Succedeva quasi sempre di sera, all’imbrunire, quando il buio calava sulle case e fuori non c’era più motivo di trattenersi. Le strade si svuotavano e la vita si spostava dentro, attorno a quel piccolo mondo domestico che prendeva forma intorno al braciere, “a vrascera” : un semplice contenitore di metallo pieno di carbone ardente, nato per scaldare le stanze lontane dal focolare, ma che finiva per scaldare molto di più i cuori che le mani.

In quelle sere fredde, soprattutto quando il maltempo imperversava e i tuoni si facevano sentire forte, interrompendo il silenzio con colpi improvvisi, ritrovarsi attorno alla brace diventava un rito. Ogni tuono era una pausa, un istante in cui tutti restavamo fermi, vicini, quasi a cercare protezione l’uno nell’altro, sì, perché spesso il lampo provocava l’interruzione dell’energia elettrica e si resta totalmente al buio, la luce si produceva con le fiamma della legna o si accendevano le candele di cera che allora non mancavano nelle case. E mentre le braci crepitavano piano, si preparavano i ceci da arrostire nel coppo: un profumo semplice, antico, che già da solo bastava a far sentire che una storia stava per cominciare.

Poi arrivava la frase che apriva le porte al meraviglioso: “C’era ’na vota cu’ami si dicìssa…” E insieme alla frase, iniziava anche il rito di mangiare quei ceci caldi, come oggi si mangerebbe il pop corn al cinema. In fondo, era proprio questo: il nostro piccolo cinema di casa, prima ancora che le sale cinematografiche arrivassero nei paesi e cambiassero quelle abitudini.

Le favole duravano poco. Ma non quelle di mio padre. Lui le faceva durare finché non ci addormentavamo tutti, uno dopo l’altro, come candele che si spengono piano. Era il suo modo dolce e paziente di accompagnarci nella notte. Mio padre non raccontava soltanto: interpretava.

Con la sua voce, la mimica, i gesti, riusciva a farci vivere ogni scena come se fossimo dentro un film. Non si limitava a narrare la trama: ce la mostrava. E noi la vedevamo davvero. Ma c’era ancora di più. La favola doveva sempre terminare con quelle storie che un po’ ci inquietavano, le famose “chiri chi fannu spagnàri”. Erano racconti che, dicevano, erano accaduti davvero, di anime del purgatorio che si ripresentavano. E noi bambini, anche i più piccoli, li aspettavamo con un misto di timore e desiderio, sapendo che ci avrebbero fatto stringere un po’ di più gli uni agli altri, soprattutto quando si rimaneva letteralmente a lume di candela, nessuno andava a letto da solo, si decideva insieme, come una piccola squadra nella notte.

E così, attorno al braciere o al focolare, ci lasciavamo prendere da quelle paure buone, quelle che alla fine ti consumano piano piano e ti lasciano cadere nel sonno. Nelle famiglie numerose, la favola era un rituale. E soprattutto, era il più dolce dei sonniferi.

martedì 11 novembre 2025

Ecco perché il sindaco Voce non doveva ritirare le dimissioni

 


Mi rivolgo a quei cittadini e politici che amano definirsi “paladini della cultura”, custodi di un’etica laica o cristiana, ma che oggi tacciono. O peggio, sostengono l’indifendibile. Davvero dobbiamo accettare che un sindaco, in pieno Consiglio comunale, aggredisca verbalmente delle consigliere, urli contro chi lo contesta, in aula o tra il pubblico, e arrivi perfino a presentarsi sui luoghi di lavoro dei consiglieri per azzittirli?Con il ritiro delle dimissioni, Crotone e la sua classe politica sdoganano l’inaccettabile. Si afferma che l’arroganza è tollerabile, che la violenza verbale, e ormai anche quella fisica, può diventare linguaggio istituzionale. È un segnale devastante. Solo per questi comportamenti, Voce andava escluso dalla politica, non accolto con applausi e abbracci. Una città che non tutti si indignano. Nessuna presa di distanza da quei consiglieri che in un batter d'occhio hanno costruito una nuova maggioranza, nessuna voce dal mondo culturale. Anzi, lo si incoraggia a restare. Perché?

Davvero si crede che Voce sia l’unico in grado di risollevare la città? O dietro questa difesa compatta si nascondono interessi meno nobili? Il tradimento di uno spirito civico.  Il “civico” Voce ha tradito lo spirito con cui si era presentato ai crotonesi. Aveva giurato che non si sarebbe mai piegato ai partiti, tanto meno ai sostenitori dell’onorevole Sculco. Eppure oggi, dopo aver cambiato schieramento come si cambia giacca, si ritrova proprio con loro nella sua “nuova” maggioranza. Dal giorno dell’insediamento, il suo progetto politico si è sgretolato. Il movimento civico Tesoro Calabria, fondato da Tansi e portato come bandiera elettorale a Crotone , si è dissolto in pochi mesi, lasciando solo macerie e delusione. Non è forse questo un tradimento politico e morale verso chi aveva creduto in lui?

Perché Voce non doveva ritirare le dimissioni? Non per amore di Crotone, ma perché oggi incarna tutto ciò che la città non dovrebbe più essere. Un sindaco che cambia bandiera, che distrugge la propria creatura politica, che urla invece di dialogare, che confonde la guida con il comando… e che arriva persino alle mani con i suoi. Surreale è dire poco. C’è chi prova a giustificarlo: “Sì, non ha modi giusti ma ha fatto tanto per la città.” No. A Crotone non è stato fatto tanto. Sono state fatte solo omissioni, e ogni problema si è aggravato fino a diventare una ferita aperta. L’accordo con Eni: dal “nemico” all’alleato. In campagna elettorale, Voce si era presentato come il nemico giurato dell’Eni. Prometteva dignità, difesa del territorio, riscatto ambientale. Eppure, appena eletto, il primo atto concreto è stato un accordo proprio con l’Eni. Arrivano così 18 milioni di euro nelle casse comunali: ossigeno politico immediato, ma al prezzo di un benessere effimero, costruito su opere di poco conto, spettacoli e serate mentre la città continua a respirare veleno. Crotone balla, ma muore lentamente. E se qualcosa si è mosso sul fronte ambientale, non è stato grazie al sindaco, ma ai comitati cittadini, a chi lotta senza passerelle né ritorni d’immagine. Giammiglione, rigassificatore, parchi eolici: battaglie combattute da soli.

La discarica di Giammiglione è stata scongiurata grazie alle nostre battaglie e a una mozione che ho portato e fatto approvare in Consiglio comunale. Il rigassificatore è tornato al centro del dibattito solo grazie al nostro intervento, con una mozione che ha portato a un voto chiaro contro. E sui parchi eolici, questa amministrazione ha consentito l’ampliamento verso il Papaniciaro e perfino il progetto del parco offshore: anche lì, abbiamo dovuto batterci da soli per difendere il territorio e il mare crotonese. Bonifica e salute: una farsa ai danni dei cittadini. Sulla bonifica, l’Eni conduce una finta operazione, senza trasparenza né garanzie per la salute pubblica. Dopo cinque anni, nulla di concreto. Nel frattempo, i dati sanitari peggiorano, ma il sindaco tace, come se nulla stesse accadendo. Distretto energetico e rifiuti: silenzi e complicità. Negli ultimi anni, gli smaltimenti industriali sono aumentati. Abbiamo chiesto un Consiglio comunale aperto ai cittadini e ci siamo battuti, ma alla fine A2A ha ottenuto l’ampliamento, con la complicità della Provincia e del suo Presidente alleato. Nel silenzio generale, Crotone è diventata terra di scarico. Persino la mia proposta di legge per tutelare il territorio crotonese è stata bocciata da questa amministrazione. Un altro tradimento verso i cittadini. Emergenza idrica: un disastro annunciato.Reti idriche vecchie di quasi un secolo, quartieri senz’acqua e nessun piano concreto. Eppure una possibilità c’era: utilizzare parte dei fondi Eni per ripristinare i serbatoi di San Giorgio, indispensabili per garantire un approvvigionamento stabile. Una delibera lo prevedeva, ma la giunta Voce, la stessa che l'aveva deliberata, l’ha revocata. E la mozione che abbiamo presentato in Consiglio è stata bocciata dalla sua nuova maggioranza.

E allora mi chiedo: nostalgia di cosa, esattamente? Di un sindaco che promette e poi si smentisce? Di un’amministrazione che cancella invece di costruire? Forse sì: è la nostalgia di farsi del male da soli. Voce non doveva ritirare le dimissioni perché ha tradito i suoi principi, i suoi elettori e perfino se stesso. Crotone merita una guida, non un comandante. Merita coraggio, non convenienza. Merita verità, non compromessi.

domenica 2 novembre 2025

LA TRAGEDIA DI DONNA PEPPA E DEL FIGLIO PUGNALATO AL CUORE

 

Una storia accaduta un secolo fa 

Quella che racconto oggi è una storia vera, accaduta circa un secolo fa a Scandale (KR) dove fino a poco tempo fa ancora si tramanda un antico detto, usato come malaugurio verso chi si macchiava di cattive azioni:

«Chi vò murìri cuami u fijjiu i donna Peppa» – “Che tu possa morire come il figlio di donna Peppa”. 

Dietro queste parole, tramandate di generazione in generazione, si cela una tragedia tanto dolorosa quanto umana, che parla di miseria, orgoglio e soprattutto di un amore sconfinato: quello di una madre per il proprio figlio. La storia l’ho appena terminata di ricostruire questa sera, ma i nomi e i personaggi mi sono stati forniti con pazienza e passione dall’ex ufficiale dell’anagrafe di Scandale, Nicola Carvelli, mio cugino, che, attraverso documenti e testimonianze d’epoca, riuscì a risalire ai veri protagonisti di quel dramma, realmente vissuti agli inizi del Novecento.

Donna Peppa Contestabile, il cui nome completo era Giuseppina Contestabile, portava un titolo che un tempo apparteneva alle famiglie aristocratiche: quel “donna” che evocava nobiltà e rispetto. Ma di quella nobiltà lei non possedeva che il nome, perché la vita l’aveva privata di tutto. Non aveva marito, non aveva ricchezze, solo un figlio nato da padre sconosciuto. Quel figlio si chiamava Antonio Salvatore Contestabile. Essendo il padre ignoto, portava il cognome della madre. Per donna Peppa, Antonio era tutto ciò che aveva.

Antonio era un giovane alto, forte, dal carattere fiero. A Scandale incuteva timore e rispetto: pochi osavano contraddirlo. Forse per orgoglio, forse per gioventù, amava scherzare, talvolta anche con troppa durezza. E fu proprio questo a segnare il suo destino. Un giorno prese di mira un povero pastore del paese, un ragazzo umile ma dal cuore puro, innamorato di una giovane donna che, si diceva, non fosse indifferente nemmeno ad Antonio. Da lì nacque una rivalità silenziosa, un rancore che covava sotto la cenere.

Fu così che, in un pomeriggio d’estate, all’ingresso di Via Garibaldi a Scandale, tra la casa di Luigi De Biase e la vecchia bottega di "Micu i Carru", il destino tese la sua mano crudele. Antonio, con i soliti toni beffardi, schernì ancora una volta il pastore davanti ad altri due compaesani, nobili del paese che, si dice, lo avevano aizzato. L’altro, accecato dall’ira e dall’umiliazione, estrasse un pugnale e, in un solo, terribile gesto, glielo conficcò nel petto. Antonio Salvatore cadde a terra senza un grido. Il suo corpo, imponente e forte, divenne improvvisamente fragile e inerme.

Quando la notizia raggiunse donna Peppa, un urlo squarciò il silenzio del paese. Si dice che corse subito fino al luogo del delitto, che abbracciò il corpo del figlio e non volle più lasciarlo andare. Si racconta anche che, in preda alla follia del dolore, avvicinò le labbra alla ferita del figlio e ne succhiò il sangue, come per voler trattenere in sé la vita che stava svanendo.

E così, di madre in figlio, di generazione in generazione, a Scandale rimase vivo quel detto:

«Chi vò murìri cuami u fijjiu i donna Peppa»,

non come semplice malaugurio, ma come monito e ricordo di una tragedia che nessuna madre dovrebbe mai vivere.

mercoledì 22 ottobre 2025

PISCINA OLIMPIONICA CROTONE, IL COMUNE NAUFRAGA DEFINITIVAMENTE.

 

Se Crotone può ancora sperare di formare nuovi campioni nel nuoto, di certo non sarà grazie all’amministrazione comunale. Anzi, sulla vicenda legata alla piscina olimpionica, il Comune ne esce sconfitto su tutti i fronti, dimostrando una totale assenza di capacità politica, gestionale e visione strategica.

Le parole amare su un comunicato stampa di ieri della Kroton Nuoto lo confermano: i problemi non solo non vengono risolti, ma vengono aggravati da un atteggiamento passivo da parte di chi dovrebbe rappresentare legalità, equità e buon senso. È emblematico che il Sindaco comunichi il fallimento del tentativo di mediazione, avviato il 7 ottobre, con un semplice messaggio WhatsApp. Un tentativo nato con l’obiettivo di permettere ai ragazzi della Kroton Nuoto di tornare ad allenarsi nell’impianto comunale, naufragato per le "valutazioni legali" di una delle parti coinvolte, senza che l’altra fosse nemmeno informata. Il Comune, proprietario della struttura, è rimasto a guardare per mesi il conflitto tra le due società gestrici, lasciando che degenerasse in una guerra senza fine. Nessun intervento autorevole, nessuna mediazione efficace, solo silenzi, rinvii e scaricabarile.

La Kroton Nuoto, una realtà importante dello sport crotonese, è stata mollata, lasciata sola, costretta a portare i propri atleti a Catanzaro pur di garantire continuità agli allenamenti. Ragazzi crotonesi esclusi di fatto da un impianto pubblico che avrebbero pieno diritto di utilizzare. Una ferita per la città, una vergogna istituzionale. Se un’amministrazione non è in grado di garantire la convivenza e il rispetto delle regole tra due realtà sportive che condividono una struttura comunale, come può affrontare questioni più complesse che richiedono visione, responsabilità e coraggio?

Oggi Crotone è ostaggio dell’immobilismo. Di un’amministrazione che, invece di costruire coesione, alimenta divisioni. Che, invece di tutelare i cittadini, soprattutto i più giovani, li spinge a cercare fuori ciò che dovrebbe essere garantito dentro la propria città.

Una città che vuole crescere non può permettersi di perdere i suoi talenti per colpa della burocrazia, dell’inefficenza, della totale indifferenza.

lunedì 20 ottobre 2025

OGGI È IL CENTENARIO DI PAPÀ. IL BREVE RICORDO DI UN UOMO DI ALTRI TEMPI




Oggi mio padre avrebbe compiuto 100 anni. Non sono solito fare commemorazioni sui social, ma oggi sento il bisogno di fermarmi e ricordare. Per lui. Per mio padre, Ippolito. Un uomo laborioso, instancabile, fedele alla sua famiglia. Un padre che ha generato ben 15 figli,  due bimbe volate via troppo presto, un aborto gemellare… alla fine siamo rimasti in undici. La sua esistenza fu segnata anche da un dolore profondo: la perdita improvvisa di un figlio di appena 25 anni, Fedele, uno dei primi impiegati della locale Cassa Rurale. Dopo la dipartita dei genitori ci vennero a mancare la prima e l'ultima delle figlie, Rosa e  Fiorella. Una famiglia numerosa, cresciuta con fatica ma anche con tanta dignità, anche grazie all’immenso sostegno di mia madre.

Loro non conoscevano vacanze, né riposo. La vita era un dono di Dio, e allo stesso tempo, la loro esistenza era un’offerta quotidiana, fatta di sacrificio e amore. Mia madre, donna profondamente cattolica, era una testimone viva della fede. Mio padre, invece, era un credente a modo suo: per lungo tempo legato agli ideali di un comunismo puro, anticlericale come molti contadini dell’epoca. Ma credeva. E proprio attraverso le sue labbra, un giorno, il Signore mi parlò. Perché Dio sa scegliere le vie più misteriose per richiamare a sé i propri figli. Non sempre servono parole: spesso basta l’esempio. 

E mio padre, con il sudore del suo lavoro, con la sua dedizione, con la forza silenziosa che lo accompagnava, è stato un testimone autentico. Un tempo, fare i genitori significava molto più che crescere ed educare i figli. Bisognava pensare anche al loro futuro, al matrimonio, alla sistemazione, soprattutto delle figlie. C’era da preparare il corredo, da arredare la casa… E in una famiglia come la nostra, con cinque maschi e ben sei femmine, il lavoro non finiva mai. Ma lui non si lamentava. Si alzava ogni giorno alle cinque del mattino. Il rombo del suo trattore, uno dei quali ancora oggi cammina,  rompeva il silenzio dell’alba.

Poi si metteva in marcia verso il suo amato podere: "Faragone- Latina". Lì cominciava la sua vera giornata: fatta di fatica, di sudore, di sacrificio quotidiano. Solo una breve pausa a mezzogiorno, giusto il tempo di consumare 'a spisa, il pranzo semplice preparato da mia madre. Di solito "pipi e patati", il cui profumo ci arrivava fin dentro il letto nelle prime ore del mattino. Poi, di nuovo al lavoro, fino alle cinque del pomeriggio, ma anche più tardi. Quasi al tramonto riprendeva la via del ritorno con il suo trattore, un viaggio di almeno tre quarti d’ora. Arrivava stanco, certo, ma col sorriso. E noi, puntuali, ad attenderlo. Perché portava con sé i frutti della terra. I prodotti più abbondanti li lasciava in magazzino, ma quelli più prelibati li portava a casa, dentro "u panaru".

E allora, tutti intorno a sbirciare nel cesto: secondo la stagione c’erano fichi fioroni, nespole, albicocche, uva… Una festa di colori, di profumi, di sapori. Era la nostra ricompensa. E il suo modo silenzioso di amarci, ogni singolo giorno. È difficile raccontare tutta la sua vita, potrei scrivere libri,  ma oggi basta per ricordare un uomo, un uomo di altri tempi. E, nel centenario della sua nascita, voglio ancora dire: grazie, papà.

domenica 19 ottobre 2025

11° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI GINO SCALISE. UOMO SANTO

Una vita donata, una fede vissuta, un’eredità che ancora parla. Oggi ricorre l’undicesimo anniversario della morte di #GinoScalse, figura indimenticabile per la nostra comunità e per quanti hanno avuto la grazia di incrociare il suo cammino. Presidente diocesano dell’Azione Cattolica per lunghi anni, insignito anche dell’onorificenza vaticana di "#CavalieredelPapa", sindaco del nostro paese dal 1979 al 1983, Gino è stato molto più di un amministratore o di un dirigente ecclesiale.

È stato un uomo giusto, un servo buono e fedele, che ha fatto della propria vita un’offerta continua a Dio e agli altri. La sua esistenza è stata un apostolato quotidiano, semplice e silenzioso, vissuto tra le vie del paese, nelle case della gente, nelle chiese e nei luoghi di incontro. Il Vangelo era la sua bussola, l’amore il suo linguaggio. Gino non ha mai trattenuto nulla per sé, ma si è spogliato di tutto, anche di ciò che era poco, per metterlo nelle mani di chi aveva bisogno. Se è vero che "c'è più gioia nel dare che nel ricevere" (At 20,35), Gino ne è stato testimone radicale: ha dato beni materiali, ma ha dato anche sorrisi, parole di conforto, ascolto e speranza.

La sua casa era aperta a tutti: un focolare vivo, una mensa di fraternità, un porto sicuro per gli smarriti, una fonte zampillante dove chiunque poteva abbeverarsi. Chi entrava da lui, usciva diverso: più sereno, più forte, più credente nella vita. La sua figura è stata giustamente ricordata da in tante occasioni, da mio zio, Iginio Carvelli, che ne ha raccolto testimonianze nei suoi scritti, libri e in diverse manifestazioni pubbliche. E anche durante il mio mandato da sindaco, ho collaborato con lui per tenere viva la memoria di questo piccolo grande uomo, attraverso convegni, incontri, e momenti di riflessione collettiva.

Come il buon samaritano, Gino si è chinato sulle ferite del suo prossimo, senza fare distinzioni, con la sola forza della carità e della fede. Come San Paolo, ha combattuto la buona battaglia, ha conservato la fede, lasciandoci in eredità non solo un ricordo, ma un cammino da proseguire. Che il suo esempio continui a ispirare le nuove generazioni, affinché non smettano mai di credere che la politica può essere servizio, la fede può essere vissuta nella vita quotidiana, e l’amore gratuito è il vero volto di Dio.

mercoledì 15 ottobre 2025

IL LICEO CLASSICO "PITAGORA" DI CROTONE RESTITUITO AL SUO SPLENDORE

 


Dopo un lungo periodo, il Liceo Classico "Pitagora" di Crotone è stato finalmente restituito agli studenti, ai docenti e a tutto il personale nella sua rinnovata bellezza. Per troppo tempo l’edificio era rimasto ingabbiato dai ponteggi, ma oggi si presenta nuovamente all’altezza del prestigio che da sempre lo contraddistingue. La riqualificazione è stata resa possibile grazie ai fondi del PNRR, che la Provincia di Crotone ha intercettato. L’intervento ha riguardato la messa in sicurezza e l’efficientamento energetico della struttura, restituendo alla città un edificio, funzionale e sostenibile.

Nella terra che Pitagora ha iniziato la propria scuol, non poteva permanere a lungo un’istituzione culturale in condizioni non adeguate. Il nuovo volto del liceo è un segnale concreto di attenzione verso la formazione e il futuro dei giovani. L’auspicio è che il Liceo Classico "Pitagora" possa tornare a essere un punto di riferimento per la formazione umanistica, capace di attrarre studenti motivati e di prepararli con rigore e serietà ai percorsi universitari più impegnativi, così come ha fatto per generazioni.

lunedì 13 ottobre 2025

CROTONE, RICORSO AL TAR CONTRO L'AMPLIAMENTO DELL'INCENERITORE "A2A" PRIMA DI TUTTO GRAZIE A CHI SI BATTE.

 


Accolgo con soddisfazione la delibera di giunta approvata,  con cui si è deciso di ricorrere al TAR della Calabria contro il decreto dirigenziale del 14 luglio 2025 che rilascia alla società A2A l’Autorizzazione Integrata Ambientale per l’adeguamento dell’inceneritore di Passovecchio, a Crotone.

Una decisione tardiva, arrivata solo dopo la forte pressione esercitata dalle nostre posizioni e dai comitati cittadini, e, va detto chiaramente, grazie al gesto di un cittadino, il dott. Luigi Bitonti, che ha assunto su di sé l’onere di incaricare un legale per presentare un ricorso autonomo. Un esempio di impegno civico autentico e raro, che ha costretto la politica a muoversi.

Sulla vicenda ho personalmente presentato un’interrogazione al Presidente della Provincia di Crotone, Sergio Ferrari, oggi anche consigliere regionale,  in merito alle autorizzazioni rilasciate dall’ente intermedio. Purtroppo, non ho ancora ricevuto risposta. Mi auguro ci sia ancora tempo per rimediare, non solo a livello provinciale, ma anche, e soprattutto, in ambito regionale in seguito ci aspettiamo giuste risposte, che fino sulla problematica non ci sono state!

Ciò che dispiace maggiormente è l'inerzia dell'amministrazione comunale, che nulla ha fatto per contrastare l’azione della Provincia, come si dice: "cittu tu e cittu iju", proprio ora che avrebbe potuto farlo con maggiore forza, considerata la grande luna di miele che c'è stata in queste elezioni regionali tra il sindaco Voce e Ferrari. Una occasione mancata, l’ennesima, non si può aspettare ogni volta che qualche consigliere d'opposizione e\o privati assumono forti posizioni, che insieme abbiamo tenuto alta la guardia e costretto le istituzioni ad assumersi le proprie responsabilità.


venerdì 10 ottobre 2025

LO SVILUPPO DELLA SIBARITIDE NON PUÒ AVVENIRE A DANNO DI CROTONE. L'AEROPORTO NON SI TOCCA!

Leggo con sgomento alcune dichiarazioni provenienti da uno dei territori della Calabria jonica, e sento il bisogno, come rappresentante istituzionale di questa terra spesso dimenticata, di intervenire. È chiaro che l’intera costa jonica vive una condizione di disagio cronico, abbandono infrastrutturale e isolamento. E proprio per questo, alcune menti lungimiranti hanno proposto una visione nuova, un progetto di coesione e rilancio: penso al #ComitatoMagnaGrecia, che da tempo propone l’unificazione delle aree della Sibaritide e del Crotonese in un’unica provincia, per contare di più e pesare finalmente nelle scelte regionali e nazionali. Si può essere d'accordo o meno, ma rimane un'idea.

Ma poi, ecco la doccia fredda: il sindaco di Trebisacce, Franco Mundo, persona che senz'altro lavora bene il suo impegno territoriale, si lascia andare a una proposta che definire “fuori luogo” è poco. Auspica la chiusura dell’aeroporto di Crotone e invita addirittura il presidente Occhiuto ad aprire un nuovo scalo a Sibari. Sì, avete capito bene. Proprio ora che lo scalo pitagorico sta mostrando segnali concreti di crescita, con numeri incoraggianti e nuovi investimenti, come l'adeguamento per la base dei canadair.

A quale logica risponde questa “sparata”? L’aeroporto di Crotone non è un giocattolo né un capriccio: è un’infrastruttura strategica per un’intera fascia di territorio dimenticato, penalizzato da una mobilità disastrosa, un servizio ferroviario inesistente e una viabilità che, tra promesse e cantieri eterni, continua a essere un freno allo sviluppo.

Il sindaco Mundo giustifica la sua proposta affermando che, con la nuova SS106 tra Crotone e Catanzaro, l’utenza si sposterà verso l’aeroporto di Lamezia, rendendo quindi “inutile” lo scalo Sant’Anna. Ma questa è una visione miope e fuorviante. Innanzitutto, la nuova SS106 non è partita, prima che diventi realtà, passeranno anni — se mai vedrà la luce. Nel frattempo, l’unica infrastruttura esistente e funzionante resta proprio l’aeroporto di Crotone. E i numeri lo confermano: lo scalo sta crescendo, registra una domanda crescente, anche da territori esterni al crotonese.

In Calabria abbiamo un detto: “Spugjjiamu nu santu ppi 'ndi vistìri n’atru”. Ecco, non possiamo pensare di costruire qualcosa distruggendo ciò che già esiste, soprattutto in un territorio fragile come il nostro, dove ogni centimetro di sviluppo va protetto e difeso.

Mi rivolgo direttamente al nostro nuovo rappresentante regionale, Sergio Ferrari: è il momento di intervenire, con forza, presso la Regione Calabria a difesa dello scalo di Crotone. E mi appello anche al consigliere regionale Vito Pitaro, che ha ricevuto la fiducia di tantissimi crotonesi: servono prese di posizione chiare, definitive, coraggiose. Occorre nuova linfa e sinergia per questo territorio.

La Calabria ha bisogno di visione e coesione, non di campanilismi ciechi e pericolosi. I problemi si affrontano con una strategia condivisa, non mettendo territori uno contro l’altro. Serve una politica che non sacrifichi il Crotonese per sostenere la Sibaritide, o viceversa: servono investimenti per entrambi, senza sottrarre, ma aggiungendo. Senza chiudere, ma aprendo.

E soprattutto, serve rispetto per chi vive ogni giorno in un isolamento che non è solo geografico, ma anche politico.

mercoledì 8 ottobre 2025

CHI HA VINTO, DAVVERO? IL GRUPPO DELLA "BOTTEGA DEI NOANTRI" ... O HA VINTO CROTONE?

 


Non intendo fare un’analisi politica approfondita delle ultime elezioni regionali, ma un paio di cose vanno dette, soprattutto a quei sostenitori del sindaco che si illudono che il successo di Sergio Ferrari sia frutto dell’attuale maggioranza. I voti? Certo, la sua posizione istituzionale ha inciso. Ma chi crede che questi numeri siano un segnale di forza per le prossime comunali, si faccia due conti.

Premesso: auguri sinceri agli eletti, in particolare a Sergio Ferrari. Tuttavia, non posso tacere la mia delusione per come ha gestito (o meglio, ignorato) la questione ambientale negli ultimi mesi, relativa alla concessione per l'ampliamento dell'inceneritore di A2A. Spero che nella sua nuova veste sappia recuperare, per il bene comune e soprattutto per questo territorio martoriato. Ma torniamo al voto dei crotonesi. I numeri parlano chiaro.

Sergio Ferrari, pur avendo ottenuto un ottimo risultato complessivo, a Crotone, sostenuto da tutto l'apparato politico e istituzionale, della città ha raccolto appena 2.746 voti. 

Vito Pitaro di "Noi Moderati" senza giunte, consiglieri, né macchina amministrativa al seguito, ne ha presi 1.500 in città e 3.312 in tutta la provincia. Il dato che dovrebbe far riflettere è questo: Ferrari, con tutto il carrozzone dietro, ha ottenuto meno del doppio di un candidato senza apparati locali. E di quei 2.746 voti, la metà, diciamo 1.350, sono "naturali", legati al fatto che è del posto e presidente della provincia.

L’altra metà? Probabilmente frutto della spinta del sindaco e del suo cerchio magico. Eppure, dove sono i suoi famosi e tanto decantati, 16.600 voti? Non doveva seguirlo almeno il 50%? No? Nemmeno il 25%? Evidentemente no, forse neanche il 15%!

Non va sottovaluto anche un dato importante, a Crotone ha votato rispetto alle precedenti regionali, ben il 6% in più! E allora di che cosa parliamo? Diciamolo chiaramente: Vincenzo Voce non è più il detentore automatico di quei numeri. Crotone non lo segue più. 

Chi oggi si candida a rappresentare la città deve fare i conti con la realtà, non con la nostalgia dei numeri del passato. Da quando siamo usciti dalla maggioranza, siamo stati trattati a pesci in faccia dal primo cittadino, che non ha fatto altro che ribadire che noi, piccoli detentori di voti, eravamo lì solo grazie alla sua larga fiducia concessa dai cittadini. Adesso è arrivato il momento di rispondere. Come si dice dalle nostre parti: "Sona a zampogna ppi quandu t'abbisogna." E ora, la suoniamo!

La verità è semplice: ha vinto politicamente chi ha portato voti veri, senza grandi stampelle. E se domani si tornasse alle urne per il Comune, chi sarebbe davvero competitivo? Non chi, con tutto l’apparato alle spalle, ha raccolto appena 2.746 voti, ma chi, senza particolari movimenti, è riuscito comunque a lasciare un segno profondo. Perché il mondo gira. E stavolta ha girato altrove, di certo, non dalla parte del sindaco.




lunedì 6 ottobre 2025

CROTONE DICE BASTA: AVVIATA INIZIATIVA CITTADINA CONTRO L'INCENERITORE DELLA VERGOGNA.

Ho sempre sostenuto che Crotone ha bisogno di una vera e propria risoluzione della questione ambientale. Questa potrebbe essere l’occasione giusta, una volta per tutte, per migliorare la situazione, rendere la città vivibile e rilanciarne il turismo, sia vacanziero che soprattutto archeologico, vista la sua storia trimillenaria.

È fondamentale contribuire alla crescita economica e sociale dei territori che ospitano i siti archeologici, alcuni dei quali ricadono proprio nelle aree contaminate che necessitano di bonifica. Tuttavia, sappiamo bene come stanno andando le cose: la bonifica procede in modo sempre discutibile e poco trasparente, e credo che, continuando così, non ci libereremo mai definitivamente delle scorie industriali. Un altro grave problema ambientale che affligge Crotone è il cosiddetto “distretto energetico selvaggio”. Mi sono battuto a lungo contro questo scempio, senza però trovare riscontro positivo da parte delle istituzioni locali, provinciali e comunali, che invece di intervenire per tempo, hanno permesso che la situazione degenerasse.

Basta osservare le autorizzazioni concesse per l’ampliamento del mega-inceneritore di A2A in località Passovecchio, predisposto per trattare fino a 300.000 tonnellate all’anno di rifiuti pericolosi industriali e rifiuti infettivi ospedalieri, provenienti non solo dall’Italia, ma anche da altri Paesi europei. Il colosso A2A, che ha investito mezzo miliardo di euro per l’acquisto dell’impianto dal Gruppo Vrenna, non intende certo smaltire bucce di noccioline, ma nuove scorie tossiche e rifiuti infettivi altamente pericolosi.

Di fronte all’inerzia delle istituzioni locali, è stata avviata una lodevole iniziativa da parte dell’associazione culturale Paideia, guidata dal dott. Luigi Bitonti, che ha promosso un ricorso al TAR Calabria e al Ministero dell’Ambiente, tramite un avvocato membro del direttivo regionale del WWF, agendo in base al D.M. MASE n. 45 del 26.01.2023 (articoli 5, 6, 8, 9) e al D.lgs. n.192/2006 in materia ambientale.

Scopo del ricorso è bloccare questo folle investimento in una città che ha urgente bisogno solo di bonifica, non di nuovi impianti che devastano ulteriormente il territorio e mettono a rischio la salute dei cittadini, aumentando l’incidenza di gravi malattie. Ritengo, pertanto, che chi ha preso questa iniziativa non debba essere lasciato solo. Il ricorso comporta una spesa di circa 3.500 euro, un importo modesto se rapportato all’enorme valore dell’azione intrapresa. 

Per questo lancio un appello agli amministratori, ai cittadini, a tutte le persone di buona volontà affinché diano il proprio contributo, anche simbolico: 20, 30, 50 euro possono fare la differenza. Io stesso mi impegnerò già da oggi, perché credo fermamente che, se il popolo prende in mano questa grave situazione, possiamo ancora uscirne. Altrimenti, la questione è destinata solo a peggiorare.

N.B. coloro i quali vogliono aderire alle spese possono contattare direttamente il dott. Luigi Bitonti su messanger.

domenica 5 ottobre 2025

Oggi si vota in Calabria per il rinnovo del Consiglio Regionale.


Oggi si vota in Calabria per il rinnovo del Consiglio Regionale. Permettetemi una riflessione, forse un po amara, ma sentita.

Ho militato in politica da quando ero ragazzo, e in questi decenni ho visto il passaggio da una classe dirigente fatta di personalità autorevoli, competenti e profondamente innamorate della propria terra, a una politica svuotata, senza visione, senza cuore, spesso priva perfino della conoscenza dei problemi reali.

Abbiamo smarrito il senso della responsabilità collettiva. Abbiamo sostituito la progettualità con la propaganda, l’impegno con la convenienza. Oggi la politica è diventata accessibile a chiunque, anche a chi non ha mai studiato un dossier, mai fatto un'analisi, mai ascoltato un cittadino fuori dalle passerelle.

Non parliamo poi del nostro territorio, che è la rappresentazione chiara dell’abbandono. A ogni tornata elettorale si rispolvera la parola “sviluppo”, ma puntualmente, dal giorno dopo, tutto torna nell’oblio.

Eppure, oggi andrò a votare.

Sono un rappresentante delle istituzioni. È un dovere civile, anche se è difficile crederci ancora. Ho la mia idea, ho valutato, tra una proposta spesso mediocre e opportunista, chi almeno abbia un minimo di credibilità, chi possa rappresentare, se non altro, un argine.

Dovremmo imparare a ritrovare la bussola, agire non per convenienza, ma per il bene comune. Ritornare in politica, quella vera, poiché,  politica non significa solo ricoprire cariche ben retribuite, ma essere al servizio della comunità. Ci sono momenti in cui è necessario far sentire la propria voce nel segno della giustizia, anche a costo di restare soli, marginali.

Credo che anche da una posizione periferica si possa essere una voce libera, senza compromessi. La mia militanza è spesso una voce scomoda, penso di averlo più volte dimostrato, ma ciò che conta è svolgere una missione onesta e coerente.

Il vero problema, però, è che troppo spesso il popolo non premia l’integrità, ma l’interesse. Non cerca il meglio, ma il più utile nell’immediato. E finché continueremo su questa scia e non per una visione collettiva, restemo prigionieri per sempre: divisi in una sterile guerra tra destra e sinistra e centro, incapace di costruire un domani e un futuro degno per i nostri figli.

venerdì 3 ottobre 2025

QUANDO L'INFANZIA DIVENTA CARNE DA MACELLO, A GAZA, E NON SOLO ....



Ciò che sta accadendo a Gaza è un crimine contro l’umanità. Un genocidio sotto gli occhi del mondo. Decine di migliaia di bambini sono stati uccisi nei bombardamenti israeliani, altri sono rimasti mutilati, malnutriti, condannati a vivere, se sopravvivono, tra le macerie, senza scuole, senza ospedali, senza futuro. E il mondo guarda, diviso, o peggio, indifferente.

Questa non è una guerra. È un massacro. E non riguarda solo i morti. Riguarda i sopravvissuti. Bambini che porteranno nel corpo e nell’anima cicatrici indelebili. Una generazione bruciata dall’odio, della vendetta, della geopolitica cieca e disumana.

Ma Gaza non è un’eccezione. È solo l’ultima pagina insanguinata di una lunga lista che comprende anche il Donbass, dove per anni bambini sono morti sotto le bombe, nell’indifferenza generale. Non ci sono state manifestazioni oceaniche. Perché? Perché i morti, a volte, sembrano valere meno a seconda di chi li uccide.

E allora chiediamoci: cosa ci sta succedendo? Davanti a crimini così orrendi, riusciamo solo a dividerci. Si forma subito il tifo, come se il dolore avesse un colore politico. La destra accusa la sinistra, la sinistra accusa la destra. E intanto, i bambini muoiono. Muoiono davvero. Noi sì, che abbiamo atteggiamenti infantili!

Dovremmo alzare la bandiera dell’onore, della giustizia, della dignità umana. E invece ci rinchiudiamo nelle solite logiche ideologiche, nei giochi di propaganda, nella comoda distanza delle opinioni. Le manifestazioni servono, sì, ma se non portano a una presa di coscienza reale, radicale, profonda, allora rimangono solo gesti vuoti. Coreografie del nulla.

Non può esserci pace se continuiamo a scegliere da che parte stare in base alla convenienza o all’appartenenza politica. La pace vera nasce solo quando il dolore dell’altro ci riguarda. Quando un bambino morto, ovunque sia nato, ci spezza il cuore allo stesso modo. Quando smettiamo di essere tifosi e iniziamo ad essere umani.


mercoledì 1 ottobre 2025

AEROPORTO DI CROTONE E VIABILITÀ, LA CALABRIA NON DOVRÀ VOLTARSI DALL'ALTRA PARTE. ANCHE IN CAMPAGNA ELETTORALE ..


Il 25 febbraio 2025 ho inoltrato al Presidente del Consiglio Comunale di Crotone una mozione, che successivamente è stata approvata all’unanimità dall’intero Consiglio. L'obiettivo era chiaro e ambizioso: portare all’attenzione della Regione Calabria la grave questione infrastrutturale che affligge il nostro territorio.

Crotone e la sua provincia vivono una condizione di isolamento inaccettabile, sia dal punto di vista stradale che ferroviario. I collegamenti sono insufficienti, inadeguati e spesso assenti. Un’intera area della Calabria, ricca di storia, cultura e potenzialità turistiche, è tagliata fuori dai circuiti regionali e nazionali. È un danno non solo per Crotone, ma per l’intera regione.

L’unico punto di accesso oggi, e potenzialmente strategico, è l’Aeroporto Pitagora “Sant'Anna” di Crotone, un’infrastruttura che per troppo tempo è stata trascurata, sottoutilizzata, quando non addirittura ignorata. Eppure, nonostante le criticità del passato, i numeri degli ultimi mesi parlano chiaro: il traffico passeggeri è in costante crescita rispetto agli stessi periodi degli anni precedenti.

Non sono solo numeri, ma segnali forti e inequivocabili. La domanda esiste, il territorio risponde, e la popolazione, compresa la vasta comunità di emigrati crotonesi, è pronta a tornare e contribuire allo sviluppo della propria terra d’origine. Anche la linea verso la Germania, dove risiedono molti conterranei, registra dati incoraggianti. Cosa manca allora?

Va detto con chiarezza: la recente funzionalità dell’aeroporto potrebbe non essere frutto di una pianificazione a lungo termine. E ciò che preoccupa è che nessuno, tra i candidati al Consiglio Regionale, sembra affrontare per davvero questa problematica, quando invece è fondamentale garantire continuità, progettualità e investimenti strutturali.

Prendiamo esempio dalla Sicilia. La Regione Siciliana ha scelto di scommettere su territori periferici e svantaggiati come Trapani, mettendo in campo incentivi mirati e investimenti intelligenti. Il risultato? Un aeroporto che oggi è un motore di sviluppo turistico ed economico.

È tempo che anche la Calabria faccia lo stesso. Crotone non chiede favoritismi, ma pari dignità.

Non è in concorrenza con Lamezia o Reggio Calabria, fra l'altro la struttura di Crotone è storica: la riqualificazione dell’Aeroporto pitagorico è un’opportunità per tutta la Calabria. Significa attrarre turisti, facilitare il ritorno degli emigrati, aprire nuovi scenari economici per il territorio.

Mi auguro che i prossimi inquilini della Cittadella Regionale ascoltino il grido che arriva da questa parte della Calabria, e ne facciano una priorità anche in questa campagna elettorale.

È il momento di scegliere:

o si continua a lasciare Crotone ai margini,

o si decide finalmente di investire in modo serio e lungimirante. Lo sviluppo di Crotone è lo sviluppo della Calabria.


Ecco l'articolo con i nuovi investimenti e gli incentivi della regione siciliana per far decollare una zona disagiata.

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martedì 30 settembre 2025

QUANDO LA CULTURA SI FACEVA PER STRADA



Niente di straordinario, a dirla tutta. Non era esattamente l'era della piena diffusione degli smartphone, né social network, né strutture attrezzate. Eppure, bastava una piazza, una strada, qualche sedia portata da casa e tanta voglia di stare insieme. La cultura, a quei tempi, la facevamo così: per strada.

Era, l’estate del 2001. La prima estate scandalese, un esperimento spontaneo nato dal mio desiderio di animare il paese, di farlo rivivere con suoni, sapori e racconti, coinvolgendo anche i bambini. Organizzammo spettacoli, sagre, serate di musica popolare. Ma non ci fermammo lì.

Decidemmo di andare oltre l’intrattenimento. Volevamo dare spazio alla nostra storia, alla nostra identità. Così nacquero esposizioni di vecchie fotografie in bianco e nero, ricordi che riaffioravano dai cassetti delle case. Mostrammo libri scritti e quadri di autori di Scandale, spesso dimenticati, ma capaci di raccontare il nostro mondo meglio di chiunque altro. Portammo in piazza gli attrezzi della civiltà contadina, oggetti semplici ma ricchi di significato, appartenuti a padri, nonni, contadini che ancora in quegli anni popolavano il paese, anziani portatori di memoria viva.

Non c’era nulla di tecnologico, nulla di programmato nei minimi dettagli. Ma c’era l’anima. C’erano le strade del paese che tornavano a vivere, tra una chiacchiera e una risata, tra un piatto di "covatelli" e un bicchiere di vino e un aneddoto raccontato all’ombra di un lampione. Momenti di aggregazione veri, sinceri, senza filtri. E soprattutto, c’erano i ricordi: quelli che uniscono, che insegnano, che fanno sentire parte di qualcosa.

Era l'inizio per fare anche grandi eventi estivi nel nostro paese.

E forse, senza saperlo, stavamo costruendo un piccolo pezzo di storia.

domenica 28 settembre 2025

NEL VOLTO DI UN BAMBINO, IL VOLTO DEL CIELO


Oggi, con il cuore aperto, desidero condividere alcune riflessioni che forse, a prima vista, sembrano non avere nulla a che fare con certe tematiche quotidiane… ma per chi crede, nulla è mai davvero scollegato. Ed oggi consentitemelo! E’ domenica, per me è una giornata che va fuori dalla quotidianità di tutti i giorni, credo, che Dio si fa prossimo, che parla nei gesti più semplici e nei volti più puri. Ed è per questo che oggi, in questo giorno in cui scelgo di mettere da parte ogni preoccupazione lavorativa e politica, guardo questa foto e sento il bisogno di dire qualcosa, consentitemelo! Non solo con la mente, ma con l’anima. Due frasi del Vangelo mi risuonano dentro, come un sussurro che interpella e scuote:

“Chi accoglie anche uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me. Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me…”

E mi chiedo: oggi, noi adulti, siamo accoglienti o motivo di scandalo per i nostri bambini?

Perché, sì, se allargate la foto… di bambini si tratta. Di "quatrareddri", come diciamo noi. Piccoli occhi che osservano tutto, cuori pronti a credere, a sperare, a dare fiducia. Noi, spesso, litighiamo. Loro, invece, si impegnano. Lottano, competono, sorridono, costruiscono sogni…

Nonostante tutto. Anche quando la loro comunità, la nostra comunità, non li sostiene, si mette di traverso, li ostacola. E allora trovano accoglienza altrove, magari in un’altra città, magari a Catanzaro, una città capoluogo, sì, ma soprattutto una città che sa accogliere. Ed ecco che mi torna in mente un’altra frase del Vangelo:

“Il sabato è fatto per l’uomo, e non l’uomo per il sabato.”

Il sabato di un tempo era come la domenica di oggi, un tempo dedicato al bene dell’umanità. È un invito a fermarsi, a riscoprire ciò che conta davvero.

E anche oggi, io vedo quel “sabato” nei volti di questi ragazzi. In quella struttura che li ha accolti. In quello spazio pensato, o che dovrebbe essere pensato, per il bene dell’uomo. Perché ogni opera realizzata ha senso solo se promuove la crescita umana, morale e spirituale di chi la abita. A cosa serve un impianto sportivo, una scuola, un’opera pubblica, se poi diventa luogo di divisione, di astio, di rancore? A cosa serve costruire muri, se dimentichiamo di costruire ponti tra i cuori?

Oggi, guardando questi bambini sorridenti, io vedo speranza. Ci stanno insegnando a vivere. Ma sento anche la responsabilità, nostra, di non tradirla. Abbiamo il dovere di proteggere la loro gioia, di essere per loro esempio, guida, rifugio. Perché ogni bambino accolto è Dio che bussa alla nostra porta. E ogni bambino ferito è una ferita inferta al futuro.

sabato 27 settembre 2025

QUANDO BASTAVA UN ALBERO DI FICO PER RECAPITARE UNA LETTERA.

 

Le fotografie della via Roma di Scandale riportano alla mente i racconti dei nostri genitori e nonni, in un tempo in cui le vie del paese erano conosciute non tanto per i nomi ufficiali, ma per i riferimenti familiari e popolari. A1llora, infatti, la segnaletica stradale era spesso sbiadita o assente, e molti luoghi venivano chiamati con nomi usati nel gergo quotidiano: u largu i Genuzzu, a Coddra, u chjianu, u cafunu, a Sicilia, u Shanghai o u struttu i Catineddra, a Villetta, Cundoliu, a Bellavista, u Timpunu, a Serra, sutta l'orta, u Cucinaru, a Carcara ecc.

Scandale, con la sua conformazione collinare, aveva anche un proprio linguaggio direzionale: si diceva "vaiu i capa d’irtu" per salire e "vaiu i pindìnu" per scendere. Una vera e propria toponomastica popolare, viva e condivisa da tutti. Via Roma, in particolare, era conosciuta da tutti: era il cuore pulsante del paese.

In un tempo in cui i telefoni ancora non esistevano, spedire una lettera richiedeva una buona dose di fantasia, soprattutto quando questa era urgente e non si conosceva l’indirizzo esatto del destinatario. In quei casi, ci si affidava ai soprannomi e a dettagli riconoscibili che potessero guidare il postino fino alla persona giusta.

Un esempio curioso lo raccontava spesso mio padre: una lettera indirizzata a un certo Antonio Grisi, conosciuto da tutti come ‘Ntoni di la Luccina, fu recapitata la posta con questa indicazione:

"Al sig. ‘Ntoni di la Luccina, via Mastru Sarvaturi i Scarpa Leggia, ppi signali: nu pedi i ficu vicinu a porta i da casa, Scandale"

Il soprannome era già abbastanza per restringere il campo. La “via” non era ufficiale, ma indicava la zona dove c'era la bottega di un noto artigiano — forse un fabbro, ma più probabilmente un calzolaio — conosciuto da tutti come Mastru Sarvaturi i Scarpa Leggia. E per evitare ogni dubbio, si aggiungeva un ultimo dettaglio inconfondibile: un albero di fico vicino alla porta di casa.

Una descrizione che, pur fantasiosa, era chiara a chi conosceva il paese. E la lettera arrivò senza problemi, nei tempi record!

giovedì 25 settembre 2025

L'ULTIMO SALUTO A UN AMICO

Sento il bisogno di scrivere due righe per ricordare Salvatore, una persona che ha fatto parte della mia vita fin dall'infanzia. Abitava a pochi passi da casa mia, da sempre tra noi c’è stato un legame fatto di rispetto e amicizia.

Nel periodo in cui ho avuto l'onore di guidare l'amministrazione comunale, Salvatore ha ricoperto il ruolo di assessore e per un certo periodo vicesindaco con grande dedizione. È stato in quell’occasione che ho avuto modo di conoscerlo ancora più a fondo: una persona sempre disponibile, pronta ad ascoltare e ad agire, senza mai guardare l’orologio, mettendosi al servizio della comunità con un impegno raro.

Anche nei momenti più difficili, quando le risorse del Comune scarseggiavano, Salvatore non si è mai tirato indietro. Ha messo a disposizione i suoi mezzi personali, dimostrando un senso del dovere e una generosità che non si dimenticano.

Gentile nei modi, sincero nei gesti: era il tipo di persona che, incontrandoti al bar, era sempre pronto a offrirti un caffè, con quel sorriso che lo contraddistingueva.

Che il Signore ti accolga nella Sua Patria, dove regnano la pace e la gioia eterna.

Alla tua famiglia giungano il mio pensiero più affettuoso e le più sincere condoglianze.



mercoledì 24 settembre 2025

AMBIENTALISTA DA SEMPRE, MA SINDACO E VICESINDACO, MI ACCUSANO DI AVERLO SCOPERTO ORA: IL REPORT SANITARIO INTANTO È INQUIETANTE.

Mentre sulla stessa testata, #IlCrotonese, il #sindaco e il #vicesindaco trovano il tempo di rispondere alle mie critiche sull’ambiente e sulla gestione della bonifica, si permettono anche di accusare me – proprio me! – di aver “scoperto l’ambientalismo” solo adesso. È un’accusa che grida vendetta politica, contro chi ha speso una vita intera a denunciare, informare, combattere per la salute dei cittadini e la tutela del nostro territorio.

Ma non ho bisogno di difendermi. I fatti parlano da soli. L’articolo pubblicato questa mattina è una condanna senza appello: ci restituisce un quadro drammatico, allarmante, di un territorio che soffre e continua a subire, senza risposte concrete. È l'articolo stesso che risponde, non avrei altro da aggiungere.

Parliamo del sito di interesse nazionale più importante del Sud, e ci troviamo ancora oggi con pazienti affetti da patologie riconducibili all’inquinamento industriale, con un’elevata presenza di sostanze chimiche nel corpo, e cosa gravissima, nessun intervento serio per arginare il fenomeno. Anzi, i segnali vanno nella direzione opposta: la situazione sta peggiorando.

E mentre la città continua a vivere la grave situazione sanitaria, mentre i dati crescono e l’allarme si fa sempre più forte, l’amministrazione invece di assumersi la responsabilità e agire, preferisce attaccare chi denuncia, chi pretende trasparenza e soluzioni. Non aggiungo altro. Se c'è qualcuno che oggi ha scoperto qualcosa, forse è chi ci governa, che con la salute dei cittadini non si scherza.

Peccato che ancora tanta gente fa finta di niente!

CROTONE, FRA LE ONDE DEL NOSTRO BEL MARE COSA SCORGIAMO?

 

Non sono delfini né creature leggendarie, ma giovani atleti quelli che ogni giorno sfidano le acque mosse del mare per allenarsi.

Avrebbero dovuto trovarsi nella piscina olimpionica comunale, invece sono finiti a nuotare in mare aperto, privati di un impianto pubblico che oggi è simbolo di gestione fallimentare, conflitti e silenzi istituzionali.

A Crotone, la piscina olimpionica è al centro di uno scontro tra le due associazioni incaricate della sua gestione. Un conflitto interno che ha avuto una ricaduta gravissima: gli iscritti alla Kroton Nuoto non possono più accedere alla struttura. Risultato? Ragazzi costretti a nuotare nel mare, in condizioni tutt’altro che ottimali, mentre l’impianto resta inutilizzato , o peggio, usato da pochi.

Ho sollevato la questione in aula, dopo un’interrogazione chiusa con una risposta definita "pilatesca", mi sono esposto nuovamente in Commissione Cultura guidata da Domenico Loguarro, ieri,  insieme al collega Andrea Tesoriere., che poi dagli interventi si è che anche tanti consiglieri di maggioranza desiderano una risoluzione immediata.

Ci siamo sentiti dire ancora una volta che è una questione tra privati. Ma qui non si parla solo di rapporti contrattuali. Questa è una questione politica e sociale, quello che non si vuole calire o che si fa finta di non capire. Quando si parla di sport, di giovani, di spazi pubblici, non ci si può voltare dall’altra parte.

Il dirigente comunali ha illustrato di nuovo la posizione tecnica dell’Ente, ma l’affondo è netto, per me è solo una questione politica. Quella vera : Fare politica significa occuparsi della città, dei suoi giovani, del loro presente e del loro futuro. E invece siamo davanti a un vuoto istituzionale che ha effetti pesanti anche dal punto di vista psicologico: i ragazzi sono disorientati, alcuni addirittura traumatizzati da questa esclusione.

A preoccupare non è solo l’inazione, ma anche il clima di omertà che sembra avvolgere la vicenda. "Manca la solidarietà. In molti preferiscono non esporsi, per non 'guastarsela' con nessuno. Ma così si legittima il silenzio, si lascia spazio all’ingiustizia.

Il messaggio finale è chiaro: Io continuerò a fare la mia parte come amministratore. Ma dovrebbe indignarci tutti sapere che, mentre chi ha responsabilità si defila come Ponzio Pilato, i nostri ragazzi si allenano nelle fredde acque del mare. E tutto questo, in una città che dovrebbe essere la casa dello sport e dei suoi giovani.

Agli instancabili nostri giovani atleti, dico: non sciraggiatevi mai! Con il vostro esempio, avete già meritato medaglie e coppa di campioni.

lunedì 22 settembre 2025

ALTRO CHE AMBIENTALISTI: SIAMO DAVANTI A UN DISASTRO ANNUNCIATO. L'AMIANTO RIMANE LÌ.

 Cosa ci saremmo dovuti aspettare da chi si autoproclama "ambientalista"? Progetti seri per il governo delle acque, la messa in sicurezza del fiume Esaro – oggi ridotto a una fogna a cielo aperto – e controlli veri contro gli scarichi abusivi. Un freno agli investimenti folli su nuovi impianti di smaltimento e alla costruzione di invasi inutili. E invece? Silenzio. Complice, imbarazzante, colpevole.

Ci saremmo aspettati il blocco immediato del distretto energetico selvaggio. Una moratoria su pale eoliche inutili, imposte dall’alto, che devastano il paesaggio e ingrassano pochi noti. Una vera politica di tutela del territorio, non spot da campagna elettorale. E invece? Nulla. Solo quello che siamo riusciti a fermare noi, con mozioni, interrogazioni, Consigli comunali aperti. Ogni giorno è una battaglia contro l’inerzia, contro chi predica bene e razzola male.

E che dire delle infrastrutture idriche e fognarie? Molti impianti risalgono agli anni ’40. Colabrodi arrugginiti, che quando si rompono lasciano interi quartieri senza servizi per giorni. Il PNRR offriva un’occasione storica. Altri comuni hanno colto la sfida. Qui no. Qui si dorme. L’unico progetto vagamente utile – il ripristino dei serbatoi di San Giorgio, fermi da 25 anni – è stato affossato dopo una delibera iniziale che stanziava due milioni. Oggi, dopo la nostra mozione presentata al comune, vedremo finalmente chi ci mette la faccia e chi scappa dietro i soliti giochi politici.

Ma la vergogna più grande resta la bonifica mancata. In un sito nazionale ad alto rischio ambientale, le polveri sottili sono fuori controllo, il monitoraggio è ridicolo, la tutela della salute pubblica inesistente. A due passi dalla centrale a biomasse, montagne di legname stoccato a cielo aperto in condizioni indecenti. E nessuno muove un dito.

E l’amianto? In pieno centro città? Ancora lì. Intatto. Letale. Nessuna rimozione, nessun piano, nessuna volontà. E qui arriva il caso emblematico, simbolico, vergognoso: la battaglia dell’avvocato Giuseppe Trocino, nei pressi degli ex mercati generali di Tufolo. Tetti sfondati, amianto ovunque, materiali pericolosi deteriorati, in un’area densamente popolata, a ridosso di scuole, impianti sportivi, abitazioni. E del fiume Esaro. Una bomba sanitaria sotto gli occhi di tutti. Il Crotonese ne parla da anni. Ma l’amministrazione ambientalista? Muta. Come se non fosse un problema. Come se la salute pubblica fosse un fastidio.

Questo scempio va fermato ora. Non domani. Non quando arriverà l’ennesimo studio inutile. Non quando sarà troppo tardi.

Qui non parliamo solo della mancata bonifica dell’ex sito industriale. Parliamo del fallimento della bonifica ordinaria, quella che anche la peggiore delle amministrazioni avrebbe almeno finto di iniziare.

E allora la domanda è semplice, diretta: i fondi Eni? Perché non si usano per proteggere la salute dei cittadini, prima di tutto? Perché vengono utilizzati in progetti autoreferenziali, invece che salvare una città contaminata?

E noi credevamo che saremo stati un’amministrazione ambientalista! Ci ritroviamo con un’amministrazione immobile, cieca, sorda, e sempre più complice.

Ma una cosa sia chiara: io non mollo. Questa battaglia va portati fino in fondo. Perché la salute di una comunità non si baratta. Si difende.

domenica 21 settembre 2025

CHARLIE KIRK PROCLAMAVA IL VANGELO. “CRISTO È IL SIGNORE”: LE SUE ULTIME PAROLE.

 


Spero di non essere frainteso, né di urtare la sensibilità di qualcuno. Ma come sempre non esito a fare pubblicamente semplici riflessioni  anche perché mi documento e traggo le mie conclusioni in libertà e coscienza.

Premetto questo: viviamo in un’epoca che si definisce connessa, eppure il mondo non è mai stato così diviso.

I social, con tutti i loro limiti, ci hanno aperto gli occhi su idee, culture, mondi un tempo lontani. Ma oggi, basta esprimere un’opinione per essere immediatamente etichettati.

Destra o sinistra. Fascista o comunista.

E se osi parlare di fede? Allora sei “retrogrado”, “intollerante”, persino “odiatore”.

Il bavaglio è sempre pronto.

Un tempo, quando l’Europa si riconosceva cristiana, il Vangelo era un faro.

Oggi, invece, si vorrebbe adattato, piegato, riscritto secondo i costumi del momento.

Il mondo pretende di dirsi cristiano, ma solo a condizione di riscrivere le regole — non più quelle di Cristo, ma quelle dell’uomo, secondo i suoi desideri e le sue pulsioni.

Questo è il dramma di tanti cattolici: mentre una parte cerca di resistere, l’altra si è già arresa al mondo.

E purtroppo, anche nella Chiesa, ci sono pastori — persino ai vertici — che cercano di omologare il Vangelo alla logica del tempo, anziché alla volontà di Dio.

Lo dico da cattolico.

Spesso ci troviamo di fronte a immagini di chiese, croci, simboli sacri, contrapposte a provocazioni pubbliche. Basta vedere certe sfilate nei Paesi occidentali, dove la Madonna e Gesù Cristo vengono rappresentati in mezzo a simboli blasfemi, offesi, ridicolizzati.

È anche per questo che Charlie Kirk non si era deciso di diventare cattolico: perché questa “nuova” Chiesa, in parte, assomiglia sempre meno a quella dei suoi predecessori. Una Chiesa dove si celebrano giubilei con chi vuole un Vangelo riscritto a immagine dei propri vizi.

Kirk, cristiano evangelico, dialogava profondamente con la fede cattolica.

Sua moglie, Erika, è cattolica, e la famiglia frequentava una parrocchia.

Riconosceva il valore e la bellezza della Vergine Maria. Disse:

“Noi evangelici abbiamo sottovalutato Maria.

Credo che uno dei rimedi al femminismo tossico in America sia proprio Maria.

Lei è la soluzione.”

Parole forti. Lucide. Attuali.

Eppure, oggi piangiamo Charlie Kirk.

È stato assassinato alla Utah Valley University, mentre parlava davanti a 3.000 studenti, sotto una tenda con la scritta “Prove Me Wrong”.

Aveva invitato al confronto, al dialogo.

Dopo appena venti minuti, un colpo di fucile, sparato da un tetto vicino, lo ha colpito al collo. È morto sul colpo.

Perché è stato ucciso?

Dalle ricerche di questi giorni emerge chiaramente: Kirk non difendeva solo un’idea politica. Difendeva e proclamava Cristo.

Poco prima della sua morte, aveva detto pubblicamente:

“Cristo è il Signore. Il Figlio di Dio ha vinto la morte.”

Dov’è l’odio in queste parole?

Dov’è l’estremismo?

Era semplicemente un uomo che testimoniava il Vangelo, così com’è.

Senza sconti. Senza compromessi. Inoltre lui che aveva idee filo israeliane, oggi condannava la politica di Netanyahu.

Ma siamo davvero sicuri che la salvezza si trovi altrove?

Mi rivolgo ai cattolici. Non agli atei, né ai non credenti.

A coloro che pensano che le nuove aperture, le nuove mode, ci conducano al Cielo.

Charlie Kirk predicava l’amore. Predicava la Verità, senza ipocrisia. In un’epoca falsa, aggressiva e confusa, la sua voce era luce.

E noi?

Siamo ancora in tempo. Possiamo ancora alzare gli occhi e ritrovare la Speranza.

Ci chiameranno estremisti. Integralisti.

Ma per chi crede davvero, la salvezza non è solo su questa terra: è anche — e soprattutto — nell’eternità.

Oggi, per me, si celebrano i funerali di un martire.


Comunque la pensiate… da buon calabrese, io il peperoncino lo adoro!

È un frutto della terra che sa farsi amare: bello, colorato, dolce o piccante, è un jolly in cucina. Lo usi fresco nell’insalata o per ogni tipo di pasta, ma ottimo e salutare con un bel sugo di pomodoro fresco.

Resteranno nel cesto, pronti all’uso quotidiano (per chi riesce a stargli dietro!). Gli altri? Una parte finisce sott’olio — e lì diventano una delizia sullo spaghettino al sugo — se poi se ne aggiungono altri, il resto si fa  seccare al sole, e poi… ! Una mezza passata nel tritatutto e via, scorta d’inverno assicurata.

Insomma, il peperoncino non è solo un ingrediente, ma è anche un compagno di viaggio!

sabato 20 settembre 2025

ERANO LÌ: I DIMENTICATI DELLA PISCINA OLIMPIONICA COMUNALE

 


Erano lì. Sotto il palazzo di piazza della Resistenza. Sotto il palco della presentazione dei candidati al Consiglio Regionale.

Sotto la manifestazione organizzata dal sindaco di Crotone, #VincenzoVoce, alla presenza del presidente della Regione #RobertoOcchiuto e del presidente della Provincia – nonché candidato alle regionali – #SergioFerrari.

C’erano.

Mentre si chiedevano voti, si facevano selfie e promesse, si parlava di futuro. C’erano, con slogan e striscioni che riportavano articoli di legge e richiami al diritto allo sport, all’uso equo e trasparente delle opere pubbliche. Opere che appartengono a tutti i crotonesi, non solo a una parte.

C’erano i ragazzi della Kroton Nuoto, gli esclusi, quelli tagliati fuori dalla piscina olimpionica comunale. C’erano i giovani crotonesi che non chiedono favori, ma diritti.

Che non parlano più ai politici – tanto non ascoltano – ma ai cittadini. Perché nemmeno di fronte a un’interpellanza ufficiale presentata in aula hanno risposto.

Fanno finta di non sentire.

E allora i ragazzi hanno lanciato un appello. Secco. Diretto. Un appello a chi ha ancora il coraggio di indignarsi. Un grido che non cerca riflettori, ma giustizia.

Erano lì, mentre altri si lavano le mani.

Loro, invece, alzano la voce.

Erano lì, come ultimo gesto, come ultimo monito. Non più rivolto a istituzioni sorde e inadeguate, che espongono con orgoglio le immagini di Falcone e Borsellino nelle sale del potere, ma che troppo spesso ne svuotano il significato.

I ragazzi della Kroton Nuoto.

Quelli dimenticati. Quelli esclusi da un impianto comunale. Quelli che da mesi non possono più entrare nella piscina olimpionica.

Un impianto pubblico.

Chiuso a una parte di cittadini giovani e meritevoli, forse più ostinati. Nessuna rabbia. Solo dignità. Nessun rancore. Solo un grido civile, nell’aria ferma di una campagna elettorale.

Loro erano lì. Mentre chi avrebbe dovuto rappresentarli voltava lo sguardo altrove, rifiutando ancora una volta di svolgere il proprio ruolo: promuovere e difendere la legalità all'interno della comunità, contrastare fatti e comportamenti che generano disagio, ingiustizie e situazioni inaccettabili.

Dopo l’interpellanza che ho presentato al Comune, abbiamo assistito a una "non risposta" da parte dell’ente, che ha cercato di far passare il messaggio che il Comune non abbia alcuna responsabilità rispetto alla società che gestisce l’impianto.

Un’assurdità. L’affidamento della gestione della piscina è stato conferito proprio dal Comune.

La piscina olimpionica è un bene comunale.

È una situazione incresciosa, che si consuma sotto gli occhi del sindaco e la giunta, che ancora una volta, si sceglie il silenzio, invece di schierarsi dalla parte dei cittadini più giovani.

Sono in corso denunce.

Nel frattempo, si continua a giocare a giochi politici, che sembrano rendere ogni giorno più difficile l’accesso alla piscina comunale di via Giovanni Paolo II per i ragazzi della Kroton Nuoto.

Una condizione impropria, inaccettabile, che non riguarda solo un’associazione sportiva, ma l’intero diritto allo sport di decine di giovani atleti.

Ragazzi costretti ad allenarsi in mare, in condizioni umilianti, mentre la politica cittadina si trincera dietro cavilli burocratici e silenzi colpevoli.

Io non mollo. E su questa vicenda ci tornerò ancora.

Alla faccia di chi continua a mentire, sostenendo che l’ente non possa fare nulla e che non abbia responsabilità, quando invece proprio il Comune dovrebbe denunciare una situazione che sta infangando un bene di proprietà pubblica.

[IGINIO PINGITORE- Consigliere Comunale Crotone

venerdì 19 settembre 2025

A GAZA OGGI SI CONTANO OLTRE 50.000 BAMBINI UCCISI, MA AL MONDO ANCORA NON BASTANO

 


Ma il mondo può davvero restare a guardare mentre un popolo viene massacrato?Può tollerare che uno Stato, come Israele, porti avanti una distruzione sistematica, nell’indifferenza generale?

Sì, ci sono appelli, dichiarazioni, ammonimenti. Ma non bastano. Servono solo a lavarsi la coscienza. Molti parlano di “mantenere l’equilibrio”, come se il timore di un conflitto globale giustificasse l’inazione. Ma davvero si crede che, restando in silenzio, si eviterà lo scontro? Che l’orrore consumato a Gaza, su civili, su bambini, non sarà la miccia di qualcosa di ancora più grande? Quello che sta accadendo è disumano.

Una brutale violenza, dove chi cerca un rifugio o un pezzo di pane diventa un bersaglio. Una guerra che ha perso ogni traccia di umanità. Una deriva che ha il volto di Netanyahu, ma che rischia di marchiare un intero popolo.

Perché, così facendo, non solo si sta massacrando la Palestina. Si sta preparando il terreno a un conflitto globale. Si sta seminando odio contro Israele stesso, rischiando che il mondo confonda un governo con un popolo.

Dopo l’Olocausto, Israele ha avuto la compassione del mondo. Ma oggi? Oggi rischia di raccogliere rabbia e ripudio. Il mondo ha una sola responsabilità, ora: fermare questa follia. Frenare questo Stato. Prima che sia troppo tardi. Per tutti.


CROTONE, BONIFICA IN STILE MATURITÀ: "M'HAI CACCIATU U PINSIJIRI ... MA I VOTI NON SI VEDONO.


Dopo il saluto del Commissario alla Bonifica, generale #Errigo, non posso fare a meno di tornare con la memoria a certi episodi del passato.

Tempi in cui la gente era semplice, ma pure un po’ furbetta. Perciò, se me lo permettete, concedetemi qualche metafora, come si faceva una volta, quando ci si capiva con un sorriso e due proverbi.

La questione crotonese – l’ho già detto e lo ripeto – mi ricorda la tela di Penelope: si annoda, si scioglie, si ricuce… e non si finisce mai. Un’opera infinita. E ormai, più che un problema nazionale, sembra un episodio di vita paesana, come questo:

C’era una volta, nel mio paese, quando uno riusciva a diplomarsi, era come se avesse vinto un Nobel. Un traguardo epocale. La scaramanzia era legge, e al rientro in paese – dove tutti si conoscevano e si viveva come in una famiglia allargata col campanile in mezzo – partiva subito la fatidica domanda:

 “Comu su juti l’esami?”, "come sono andati gli esami?" E il ragazzo, con le mani in tasca e il sorriso da chi la sa lunga, rispondeva:  “M’hai cacciatu u pinsijiri.” Tradotto: “Mi sono tolto il pensiero.”

Un capolavoro di diplomazia: dire qualcosa senza dire niente. Fino a che non uscivano “i quadri” – gli elenchi con i voti appesi a scuola – tutto restava top secret. Solo allora si scopriva la verità.

Ora, passati decenni, i tempi sono cambiati. Ma le frasi, quelle no.

Oggi come allora, c’è chi parla molto… per non dire niente.E così, al posto dell’esame di maturità, esaminiamo ad esempio il caso dela bonifica di Crotone.

Al posto dello studente, funzionari e rappresentanti istituzionali. Ma la risposta è sempre la stessa: “I lavori sono stati eseguiti.” “Ringraziamo tutti per la collaborazione.” Insomma della alla paesana: 

 “N’amu cacciatu u pinsijiri.” (Ci siamo tolti il pensiero.) Peccato che l’unico a non esserselo tolto… siamo noi e i cittadini crotonesi.

Perché dopo anni di attese, proteste e promesse, non si capisce ancora cosa sia stato fatto, come sia stato fatto, e soprattutto se sia stato fatto in sicurezza. Le domande dei comitati e dei cittadini restano tutte lì, appese a un muro di silenzi istituzionali.

Ora il Commissario Errigo ci saluta. Ha fatto ciò che poteva e doveva, e nessuno mette in dubbio il suo impegno. Il problema è che non sappiamo nulla con certezza, né dei risultati, né delle intenzioni future. E questo, in un territorio martoriato come il nostro, non è accettabile.

Non è colpa sua. Lui ha eseguito un mandato. La colpa è di chi quel mandato l’ha scritto (o forse no). Di quella politica più preoccupata di fare propaganda che progetti. Di quei politicanti che si ricordano di Crotone solo in campagna elettorale, come oggi alle regionali, con il sorriso, con  il santino e la tasca piena di promesse generiche.

La bonifica? Sparita dai programmi. Il futuro della città? Un mistero.

L’importante, per alcuni, è lo spettacolo estivo, l’intrattenimento, le luci e i microfoni. Le cose serie, invece, sempre in fondo all’ordine del giorno. Quando ci arrivano.

Ma tanto, alla fine, chi se ne importa se il lavoro è stato fatto bene o male.

L’importante è potersi dire: “N’amu cacciatu u pinsijiri.”

Come quel vecchio studente, impreparato e illuso, convinto di aver passato l’esame… solo perché l’esame è finito.

mercoledì 17 settembre 2025

NON È SATIRA. È DIFFAMAZIONE! UN CLIMA SURREALE E PROPAGANDA POLITICA A TAMBURO BATTENTE NELLA CITTÀ PITAGORICA


Mi permetto di chiudere definitivamente sta mediatico, la vicenda legata al post pubblicato da Fortz Brayan. Non per alimentare ulteriori polemiche — che, tra l’altro, non sono partite né da me né da alcun membro di Stanchi dei Soliti — ma perché è necessario porre un argine al clima tossico che si è creato.

Siamo amministratori di questa città, e spetta prima di tutto a noi riportare ordine e serenità nel dibattito pubblico. Come gruppo consiliare, siamo persone pacifiche, impegnate esclusivamente per il bene della collettività. È arrivato il momento di mettere un freno a questa corsa sfrenata alla propaganda: non se ne può più!


Un amministratore non può utilizzare i canali come vetrina celebrativa, pubblicizzando  ogni opera come se fosse un trionfo. Fare il proprio dovere non è un merito straordinario, è una responsabilità. Non è accettabile che, dopo ogni post ufficiale, si attivino sindaco, giunta, consiglieri e persino sostenitori di piazza, fino ad arrivare a profili senza identità che deridono e attaccano chi esprime opinioni diverse. Peggio ancora: abbiamo scoperto che dietro queste dinamiche, di livello bassissimo, si muovono anche figure istituzionali di rilievo. È inaccettabile. È una vergogna.

Basta propaganda, basta personalismi: davvero, non se ne può più.

I FATTI:

dopo aver espresso una mia opinione, sono stato diffidato dal titolare di chi detiene quel profilo social, che solo in un secondo momento, a seguito di una comunicazione formale inviata tramite PEC, ha dovuto rivelare la propria identità, con nome e cognome.

Costui non ha esitato a diffamarci pubblicamente, per poi avere persino la pretesa di diffidarci per aver risposto. È surreale: chi insulta si arroga anche il diritto di zittire.

Ho risposto con una contro-diffida di tre pagine, che può avere serie conseguenze legali, nella speranza che questo teatrino finisca qui.

Chi ha davvero a cuore la città smetta di alimentare tensioni e giochi di potere. La città ha bisogno di amministratori seri, non di protagonisti da social.

UNA BREVE RICOSTRUZIONE:

tutto è iniziato domenica 14 settembre. In un tranquillo pomeriggio di riposo in famiglia, su Facebook è apparso un post, nel quale è stato manomesso il logo ufficiale del nostro Movimento “Stanchi dei Soliti”, trasformandolo in “Stanchi dei Cioti”, accompagnato da allusioni politiche prive di fondamento. A che scopo?

Il post conteneva riferimenti vaghi e insinuanti a presunti temi urbanistici, completamente scollegati dalla realtà.

Ho ritenuto doveroso rispondere pubblicamente, come visibile online, accusando  l’autore per diffamazione aggravata a mezzo stampa, uso indebito di simboli registrati e attacchi personali rivolti sia al gruppo consiliare che all’intero Movimento.

Il logo del Movimento, regolarmente registrato, è stato alterato in modo offensivo: da “Stanchi dei Soliti” a “Stanchi dei Cioti”.

Nel nostro contesto linguistico, "cioti" è un termine fortemente denigratorio, traducibile con “cretini”, “ignoranti” o “persone stupide”.

Questo non è satira, né critica politica legittima: è un chiaro e deliberato tentativo di screditare un gruppo politico istituzionale e i suoi sostenitori.

Il post ha avuto ampia diffusione, con oltre 150 reazioni in poche ore, accompagnato da una pioggia di commenti ironici, faccine beffarde e scherni mirati.

Altro che dibattito democratico: siamo stati messi alla berlina in piena campagna elettorale.

Solo dopo un formale sollecito via PEC, l’autore si è fatto vivo, inviandomi un messaggio tutt’altro che distensivo, nel quale rivendicava le proprie azioni e mi diffidava.

Scelgo di non rendere pubblico il contenuto di quel messaggio, non perché obbligato, ma per una mia scelta etica.

Resta però il fatto che l’anonimato del profilo — privo di nome, cognome, foto reale o riferimenti — ha favorito un clima di ambiguità e manipolazione, trasformandolo in uno strumento di attacco politico mascherato da ironia.

È inaccettabile che un soggetto anonimo possa insultare pubblicamente rappresentanti eletti dal popolo e poi lamentarsi delle conseguenze, chiedendo persino la rimozione delle nostre risposte.

Come se non bastasse, alla nostra replica, il medesimo profilo ha rilanciato, accusandoci di cyberbullismo per aver commentato e condiviso pubblicamente ciò che lui stesso ha pubblicato.

Siamo davvero all’assurdo: viene definito cyberbullismo il semplice esercizio del diritto di replica. Un ribaltamento dei ruoli totalmente inaccettabile.

Non finisce qui. A peggiorare il quadro, è intervenuto un esponente apicale del Palazzo di Piazza della Resistenza, che in un commento ha espresso sostegno implicito all’autore del post, affermando ironicamente: “Se gli oppositori sono questi, ci faranno stravincere di nuovo.” Un commento che dimostra chiaramente l’ostilità politica nei confronti del nostro movimento, e conferma che quanto accaduto non è casuale, ma parte di un disegno comunicativo ben preciso. Ma si può arrivare a questo? I fatti, quindi, dimostrano quanti profili lavorano per tenere alta la becera propaganda.

Pertanto, alla luce dei fatti, la mia posizione è chiara: Nessun contenuto verrà rimosso; rivendichiamo il diritto di cronaca e di replica, le nostre dichiarazioni non sono insulti, ma risposte legittime a un attacco grave, gratuito e premeditato.

Nel frattempo, è già stata inviata una contro-diffida di tre pagine e non si escludono ulteriori azioni legali.

Pretendiamo pubblicamente spiegazioni e scuse.

La politica deve tornare a essere confronto serio, non farsa da tastiera.