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È IL TEMPO DEI PREPOTENTI, MA… C’È SEMPRE QUELLO DI DIO!

  Quando finirà il tempo dei prepotenti? Oggi sembra di essere al culmine. La domanda mi è sorta ascoltando le parole di un saggio uomo reli...

martedì 30 settembre 2025

QUANDO LA CULTURA SI FACEVA PER STRADA



Niente di straordinario, a dirla tutta. Non era esattamente l'era della piena diffusione degli smartphone, né social network, né strutture attrezzate. Eppure, bastava una piazza, una strada, qualche sedia portata da casa e tanta voglia di stare insieme. La cultura, a quei tempi, la facevamo così: per strada.

Era, l’estate del 2001. La prima estate scandalese, un esperimento spontaneo nato dal mio desiderio di animare il paese, di farlo rivivere con suoni, sapori e racconti, coinvolgendo anche i bambini. Organizzammo spettacoli, sagre, serate di musica popolare. Ma non ci fermammo lì.

Decidemmo di andare oltre l’intrattenimento. Volevamo dare spazio alla nostra storia, alla nostra identità. Così nacquero esposizioni di vecchie fotografie in bianco e nero, ricordi che riaffioravano dai cassetti delle case. Mostrammo libri scritti e quadri di autori di Scandale, spesso dimenticati, ma capaci di raccontare il nostro mondo meglio di chiunque altro. Portammo in piazza gli attrezzi della civiltà contadina, oggetti semplici ma ricchi di significato, appartenuti a padri, nonni, contadini che ancora in quegli anni popolavano il paese, anziani portatori di memoria viva.

Non c’era nulla di tecnologico, nulla di programmato nei minimi dettagli. Ma c’era l’anima. C’erano le strade del paese che tornavano a vivere, tra una chiacchiera e una risata, tra un piatto di "covatelli" e un bicchiere di vino e un aneddoto raccontato all’ombra di un lampione. Momenti di aggregazione veri, sinceri, senza filtri. E soprattutto, c’erano i ricordi: quelli che uniscono, che insegnano, che fanno sentire parte di qualcosa.

Era l'inizio per fare anche grandi eventi estivi nel nostro paese.

E forse, senza saperlo, stavamo costruendo un piccolo pezzo di storia.

domenica 28 settembre 2025

NEL VOLTO DI UN BAMBINO, IL VOLTO DEL CIELO


Oggi, con il cuore aperto, desidero condividere alcune riflessioni che forse, a prima vista, sembrano non avere nulla a che fare con certe tematiche quotidiane… ma per chi crede, nulla è mai davvero scollegato. Ed oggi consentitemelo! E’ domenica, per me è una giornata che va fuori dalla quotidianità di tutti i giorni, credo, che Dio si fa prossimo, che parla nei gesti più semplici e nei volti più puri. Ed è per questo che oggi, in questo giorno in cui scelgo di mettere da parte ogni preoccupazione lavorativa e politica, guardo questa foto e sento il bisogno di dire qualcosa, consentitemelo! Non solo con la mente, ma con l’anima. Due frasi del Vangelo mi risuonano dentro, come un sussurro che interpella e scuote:

“Chi accoglie anche uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me. Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me…”

E mi chiedo: oggi, noi adulti, siamo accoglienti o motivo di scandalo per i nostri bambini?

Perché, sì, se allargate la foto… di bambini si tratta. Di "quatrareddri", come diciamo noi. Piccoli occhi che osservano tutto, cuori pronti a credere, a sperare, a dare fiducia. Noi, spesso, litighiamo. Loro, invece, si impegnano. Lottano, competono, sorridono, costruiscono sogni…

Nonostante tutto. Anche quando la loro comunità, la nostra comunità, non li sostiene, si mette di traverso, li ostacola. E allora trovano accoglienza altrove, magari in un’altra città, magari a Catanzaro, una città capoluogo, sì, ma soprattutto una città che sa accogliere. Ed ecco che mi torna in mente un’altra frase del Vangelo:

“Il sabato è fatto per l’uomo, e non l’uomo per il sabato.”

Il sabato di un tempo era come la domenica di oggi, un tempo dedicato al bene dell’umanità. È un invito a fermarsi, a riscoprire ciò che conta davvero.

E anche oggi, io vedo quel “sabato” nei volti di questi ragazzi. In quella struttura che li ha accolti. In quello spazio pensato, o che dovrebbe essere pensato, per il bene dell’uomo. Perché ogni opera realizzata ha senso solo se promuove la crescita umana, morale e spirituale di chi la abita. A cosa serve un impianto sportivo, una scuola, un’opera pubblica, se poi diventa luogo di divisione, di astio, di rancore? A cosa serve costruire muri, se dimentichiamo di costruire ponti tra i cuori?

Oggi, guardando questi bambini sorridenti, io vedo speranza. Ci stanno insegnando a vivere. Ma sento anche la responsabilità, nostra, di non tradirla. Abbiamo il dovere di proteggere la loro gioia, di essere per loro esempio, guida, rifugio. Perché ogni bambino accolto è Dio che bussa alla nostra porta. E ogni bambino ferito è una ferita inferta al futuro.

sabato 27 settembre 2025

QUANDO BASTAVA UN ALBERO DI FICO PER RECAPITARE UNA LETTERA.

 

Le fotografie della via Roma di Scandale riportano alla mente i racconti dei nostri genitori e nonni, in un tempo in cui le vie del paese erano conosciute non tanto per i nomi ufficiali, ma per i riferimenti familiari e popolari. A1llora, infatti, la segnaletica stradale era spesso sbiadita o assente, e molti luoghi venivano chiamati con nomi usati nel gergo quotidiano: u largu i Genuzzu, a Coddra, u chjianu, u cafunu, a Sicilia, u Shanghai o u struttu i Catineddra, a Villetta, Cundoliu, a Bellavista, u Timpunu, a Serra, sutta l'orta, u Cucinaru, a Carcara ecc.

Scandale, con la sua conformazione collinare, aveva anche un proprio linguaggio direzionale: si diceva "vaiu i capa d’irtu" per salire e "vaiu i pindìnu" per scendere. Una vera e propria toponomastica popolare, viva e condivisa da tutti. Via Roma, in particolare, era conosciuta da tutti: era il cuore pulsante del paese.

In un tempo in cui i telefoni ancora non esistevano, spedire una lettera richiedeva una buona dose di fantasia, soprattutto quando questa era urgente e non si conosceva l’indirizzo esatto del destinatario. In quei casi, ci si affidava ai soprannomi e a dettagli riconoscibili che potessero guidare il postino fino alla persona giusta.

Un esempio curioso lo raccontava spesso mio padre: una lettera indirizzata a un certo Antonio Grisi, conosciuto da tutti come ‘Ntoni di la Luccina, fu recapitata la posta con questa indicazione:

"Al sig. ‘Ntoni di la Luccina, via Mastru Sarvaturi i Scarpa Leggia, ppi signali: nu pedi i ficu vicinu a porta i da casa, Scandale"

Il soprannome era già abbastanza per restringere il campo. La “via” non era ufficiale, ma indicava la zona dove c'era la bottega di un noto artigiano — forse un fabbro, ma più probabilmente un calzolaio — conosciuto da tutti come Mastru Sarvaturi i Scarpa Leggia. E per evitare ogni dubbio, si aggiungeva un ultimo dettaglio inconfondibile: un albero di fico vicino alla porta di casa.

Una descrizione che, pur fantasiosa, era chiara a chi conosceva il paese. E la lettera arrivò senza problemi, nei tempi record!

giovedì 25 settembre 2025

L'ULTIMO SALUTO A UN AMICO

Sento il bisogno di scrivere due righe per ricordare Salvatore, una persona che ha fatto parte della mia vita fin dall'infanzia. Abitava a pochi passi da casa mia, da sempre tra noi c’è stato un legame fatto di rispetto e amicizia.

Nel periodo in cui ho avuto l'onore di guidare l'amministrazione comunale, Salvatore ha ricoperto il ruolo di assessore e per un certo periodo vicesindaco con grande dedizione. È stato in quell’occasione che ho avuto modo di conoscerlo ancora più a fondo: una persona sempre disponibile, pronta ad ascoltare e ad agire, senza mai guardare l’orologio, mettendosi al servizio della comunità con un impegno raro.

Anche nei momenti più difficili, quando le risorse del Comune scarseggiavano, Salvatore non si è mai tirato indietro. Ha messo a disposizione i suoi mezzi personali, dimostrando un senso del dovere e una generosità che non si dimenticano.

Gentile nei modi, sincero nei gesti: era il tipo di persona che, incontrandoti al bar, era sempre pronto a offrirti un caffè, con quel sorriso che lo contraddistingueva.

Che il Signore ti accolga nella Sua Patria, dove regnano la pace e la gioia eterna.

Alla tua famiglia giungano il mio pensiero più affettuoso e le più sincere condoglianze.



mercoledì 24 settembre 2025

AMBIENTALISTA DA SEMPRE, MA SINDACO E VICESINDACO, MI ACCUSANO DI AVERLO SCOPERTO ORA: IL REPORT SANITARIO INTANTO È INQUIETANTE.

Mentre sulla stessa testata, #IlCrotonese, il #sindaco e il #vicesindaco trovano il tempo di rispondere alle mie critiche sull’ambiente e sulla gestione della bonifica, si permettono anche di accusare me – proprio me! – di aver “scoperto l’ambientalismo” solo adesso. È un’accusa che grida vendetta politica, contro chi ha speso una vita intera a denunciare, informare, combattere per la salute dei cittadini e la tutela del nostro territorio.

Ma non ho bisogno di difendermi. I fatti parlano da soli. L’articolo pubblicato questa mattina è una condanna senza appello: ci restituisce un quadro drammatico, allarmante, di un territorio che soffre e continua a subire, senza risposte concrete. È l'articolo stesso che risponde, non avrei altro da aggiungere.

Parliamo del sito di interesse nazionale più importante del Sud, e ci troviamo ancora oggi con pazienti affetti da patologie riconducibili all’inquinamento industriale, con un’elevata presenza di sostanze chimiche nel corpo, e cosa gravissima, nessun intervento serio per arginare il fenomeno. Anzi, i segnali vanno nella direzione opposta: la situazione sta peggiorando.

E mentre la città continua a vivere la grave situazione sanitaria, mentre i dati crescono e l’allarme si fa sempre più forte, l’amministrazione invece di assumersi la responsabilità e agire, preferisce attaccare chi denuncia, chi pretende trasparenza e soluzioni. Non aggiungo altro. Se c'è qualcuno che oggi ha scoperto qualcosa, forse è chi ci governa, che con la salute dei cittadini non si scherza.

Peccato che ancora tanta gente fa finta di niente!

CROTONE, FRA LE ONDE DEL NOSTRO BEL MARE COSA SCORGIAMO?

 

Non sono delfini né creature leggendarie, ma giovani atleti quelli che ogni giorno sfidano le acque mosse del mare per allenarsi.

Avrebbero dovuto trovarsi nella piscina olimpionica comunale, invece sono finiti a nuotare in mare aperto, privati di un impianto pubblico che oggi è simbolo di gestione fallimentare, conflitti e silenzi istituzionali.

A Crotone, la piscina olimpionica è al centro di uno scontro tra le due associazioni incaricate della sua gestione. Un conflitto interno che ha avuto una ricaduta gravissima: gli iscritti alla Kroton Nuoto non possono più accedere alla struttura. Risultato? Ragazzi costretti a nuotare nel mare, in condizioni tutt’altro che ottimali, mentre l’impianto resta inutilizzato , o peggio, usato da pochi.

Ho sollevato la questione in aula, dopo un’interrogazione chiusa con una risposta definita "pilatesca", mi sono esposto nuovamente in Commissione Cultura guidata da Domenico Loguarro, ieri,  insieme al collega Andrea Tesoriere., che poi dagli interventi si è che anche tanti consiglieri di maggioranza desiderano una risoluzione immediata.

Ci siamo sentiti dire ancora una volta che è una questione tra privati. Ma qui non si parla solo di rapporti contrattuali. Questa è una questione politica e sociale, quello che non si vuole calire o che si fa finta di non capire. Quando si parla di sport, di giovani, di spazi pubblici, non ci si può voltare dall’altra parte.

Il dirigente comunali ha illustrato di nuovo la posizione tecnica dell’Ente, ma l’affondo è netto, per me è solo una questione politica. Quella vera : Fare politica significa occuparsi della città, dei suoi giovani, del loro presente e del loro futuro. E invece siamo davanti a un vuoto istituzionale che ha effetti pesanti anche dal punto di vista psicologico: i ragazzi sono disorientati, alcuni addirittura traumatizzati da questa esclusione.

A preoccupare non è solo l’inazione, ma anche il clima di omertà che sembra avvolgere la vicenda. "Manca la solidarietà. In molti preferiscono non esporsi, per non 'guastarsela' con nessuno. Ma così si legittima il silenzio, si lascia spazio all’ingiustizia.

Il messaggio finale è chiaro: Io continuerò a fare la mia parte come amministratore. Ma dovrebbe indignarci tutti sapere che, mentre chi ha responsabilità si defila come Ponzio Pilato, i nostri ragazzi si allenano nelle fredde acque del mare. E tutto questo, in una città che dovrebbe essere la casa dello sport e dei suoi giovani.

Agli instancabili nostri giovani atleti, dico: non sciraggiatevi mai! Con il vostro esempio, avete già meritato medaglie e coppa di campioni.

lunedì 22 settembre 2025

ALTRO CHE AMBIENTALISTI: SIAMO DAVANTI A UN DISASTRO ANNUNCIATO. L'AMIANTO RIMANE LÌ.

 Cosa ci saremmo dovuti aspettare da chi si autoproclama "ambientalista"? Progetti seri per il governo delle acque, la messa in sicurezza del fiume Esaro – oggi ridotto a una fogna a cielo aperto – e controlli veri contro gli scarichi abusivi. Un freno agli investimenti folli su nuovi impianti di smaltimento e alla costruzione di invasi inutili. E invece? Silenzio. Complice, imbarazzante, colpevole.

Ci saremmo aspettati il blocco immediato del distretto energetico selvaggio. Una moratoria su pale eoliche inutili, imposte dall’alto, che devastano il paesaggio e ingrassano pochi noti. Una vera politica di tutela del territorio, non spot da campagna elettorale. E invece? Nulla. Solo quello che siamo riusciti a fermare noi, con mozioni, interrogazioni, Consigli comunali aperti. Ogni giorno è una battaglia contro l’inerzia, contro chi predica bene e razzola male.

E che dire delle infrastrutture idriche e fognarie? Molti impianti risalgono agli anni ’40. Colabrodi arrugginiti, che quando si rompono lasciano interi quartieri senza servizi per giorni. Il PNRR offriva un’occasione storica. Altri comuni hanno colto la sfida. Qui no. Qui si dorme. L’unico progetto vagamente utile – il ripristino dei serbatoi di San Giorgio, fermi da 25 anni – è stato affossato dopo una delibera iniziale che stanziava due milioni. Oggi, dopo la nostra mozione presentata al comune, vedremo finalmente chi ci mette la faccia e chi scappa dietro i soliti giochi politici.

Ma la vergogna più grande resta la bonifica mancata. In un sito nazionale ad alto rischio ambientale, le polveri sottili sono fuori controllo, il monitoraggio è ridicolo, la tutela della salute pubblica inesistente. A due passi dalla centrale a biomasse, montagne di legname stoccato a cielo aperto in condizioni indecenti. E nessuno muove un dito.

E l’amianto? In pieno centro città? Ancora lì. Intatto. Letale. Nessuna rimozione, nessun piano, nessuna volontà. E qui arriva il caso emblematico, simbolico, vergognoso: la battaglia dell’avvocato Giuseppe Trocino, nei pressi degli ex mercati generali di Tufolo. Tetti sfondati, amianto ovunque, materiali pericolosi deteriorati, in un’area densamente popolata, a ridosso di scuole, impianti sportivi, abitazioni. E del fiume Esaro. Una bomba sanitaria sotto gli occhi di tutti. Il Crotonese ne parla da anni. Ma l’amministrazione ambientalista? Muta. Come se non fosse un problema. Come se la salute pubblica fosse un fastidio.

Questo scempio va fermato ora. Non domani. Non quando arriverà l’ennesimo studio inutile. Non quando sarà troppo tardi.

Qui non parliamo solo della mancata bonifica dell’ex sito industriale. Parliamo del fallimento della bonifica ordinaria, quella che anche la peggiore delle amministrazioni avrebbe almeno finto di iniziare.

E allora la domanda è semplice, diretta: i fondi Eni? Perché non si usano per proteggere la salute dei cittadini, prima di tutto? Perché vengono utilizzati in progetti autoreferenziali, invece che salvare una città contaminata?

E noi credevamo che saremo stati un’amministrazione ambientalista! Ci ritroviamo con un’amministrazione immobile, cieca, sorda, e sempre più complice.

Ma una cosa sia chiara: io non mollo. Questa battaglia va portati fino in fondo. Perché la salute di una comunità non si baratta. Si difende.

domenica 21 settembre 2025

CHARLIE KIRK PROCLAMAVA IL VANGELO. “CRISTO È IL SIGNORE”: LE SUE ULTIME PAROLE.

 


Spero di non essere frainteso, né di urtare la sensibilità di qualcuno. Ma come sempre non esito a fare pubblicamente semplici riflessioni  anche perché mi documento e traggo le mie conclusioni in libertà e coscienza.

Premetto questo: viviamo in un’epoca che si definisce connessa, eppure il mondo non è mai stato così diviso.

I social, con tutti i loro limiti, ci hanno aperto gli occhi su idee, culture, mondi un tempo lontani. Ma oggi, basta esprimere un’opinione per essere immediatamente etichettati.

Destra o sinistra. Fascista o comunista.

E se osi parlare di fede? Allora sei “retrogrado”, “intollerante”, persino “odiatore”.

Il bavaglio è sempre pronto.

Un tempo, quando l’Europa si riconosceva cristiana, il Vangelo era un faro.

Oggi, invece, si vorrebbe adattato, piegato, riscritto secondo i costumi del momento.

Il mondo pretende di dirsi cristiano, ma solo a condizione di riscrivere le regole — non più quelle di Cristo, ma quelle dell’uomo, secondo i suoi desideri e le sue pulsioni.

Questo è il dramma di tanti cattolici: mentre una parte cerca di resistere, l’altra si è già arresa al mondo.

E purtroppo, anche nella Chiesa, ci sono pastori — persino ai vertici — che cercano di omologare il Vangelo alla logica del tempo, anziché alla volontà di Dio.

Lo dico da cattolico.

Spesso ci troviamo di fronte a immagini di chiese, croci, simboli sacri, contrapposte a provocazioni pubbliche. Basta vedere certe sfilate nei Paesi occidentali, dove la Madonna e Gesù Cristo vengono rappresentati in mezzo a simboli blasfemi, offesi, ridicolizzati.

È anche per questo che Charlie Kirk non si era deciso di diventare cattolico: perché questa “nuova” Chiesa, in parte, assomiglia sempre meno a quella dei suoi predecessori. Una Chiesa dove si celebrano giubilei con chi vuole un Vangelo riscritto a immagine dei propri vizi.

Kirk, cristiano evangelico, dialogava profondamente con la fede cattolica.

Sua moglie, Erika, è cattolica, e la famiglia frequentava una parrocchia.

Riconosceva il valore e la bellezza della Vergine Maria. Disse:

“Noi evangelici abbiamo sottovalutato Maria.

Credo che uno dei rimedi al femminismo tossico in America sia proprio Maria.

Lei è la soluzione.”

Parole forti. Lucide. Attuali.

Eppure, oggi piangiamo Charlie Kirk.

È stato assassinato alla Utah Valley University, mentre parlava davanti a 3.000 studenti, sotto una tenda con la scritta “Prove Me Wrong”.

Aveva invitato al confronto, al dialogo.

Dopo appena venti minuti, un colpo di fucile, sparato da un tetto vicino, lo ha colpito al collo. È morto sul colpo.

Perché è stato ucciso?

Dalle ricerche di questi giorni emerge chiaramente: Kirk non difendeva solo un’idea politica. Difendeva e proclamava Cristo.

Poco prima della sua morte, aveva detto pubblicamente:

“Cristo è il Signore. Il Figlio di Dio ha vinto la morte.”

Dov’è l’odio in queste parole?

Dov’è l’estremismo?

Era semplicemente un uomo che testimoniava il Vangelo, così com’è.

Senza sconti. Senza compromessi. Inoltre lui che aveva idee filo israeliane, oggi condannava la politica di Netanyahu.

Ma siamo davvero sicuri che la salvezza si trovi altrove?

Mi rivolgo ai cattolici. Non agli atei, né ai non credenti.

A coloro che pensano che le nuove aperture, le nuove mode, ci conducano al Cielo.

Charlie Kirk predicava l’amore. Predicava la Verità, senza ipocrisia. In un’epoca falsa, aggressiva e confusa, la sua voce era luce.

E noi?

Siamo ancora in tempo. Possiamo ancora alzare gli occhi e ritrovare la Speranza.

Ci chiameranno estremisti. Integralisti.

Ma per chi crede davvero, la salvezza non è solo su questa terra: è anche — e soprattutto — nell’eternità.

Oggi, per me, si celebrano i funerali di un martire.


Comunque la pensiate… da buon calabrese, io il peperoncino lo adoro!

È un frutto della terra che sa farsi amare: bello, colorato, dolce o piccante, è un jolly in cucina. Lo usi fresco nell’insalata o per ogni tipo di pasta, ma ottimo e salutare con un bel sugo di pomodoro fresco.

Resteranno nel cesto, pronti all’uso quotidiano (per chi riesce a stargli dietro!). Gli altri? Una parte finisce sott’olio — e lì diventano una delizia sullo spaghettino al sugo — se poi se ne aggiungono altri, il resto si fa  seccare al sole, e poi… ! Una mezza passata nel tritatutto e via, scorta d’inverno assicurata.

Insomma, il peperoncino non è solo un ingrediente, ma è anche un compagno di viaggio!

sabato 20 settembre 2025

ERANO LÌ: I DIMENTICATI DELLA PISCINA OLIMPIONICA COMUNALE

 


Erano lì. Sotto il palazzo di piazza della Resistenza. Sotto il palco della presentazione dei candidati al Consiglio Regionale.

Sotto la manifestazione organizzata dal sindaco di Crotone, #VincenzoVoce, alla presenza del presidente della Regione #RobertoOcchiuto e del presidente della Provincia – nonché candidato alle regionali – #SergioFerrari.

C’erano.

Mentre si chiedevano voti, si facevano selfie e promesse, si parlava di futuro. C’erano, con slogan e striscioni che riportavano articoli di legge e richiami al diritto allo sport, all’uso equo e trasparente delle opere pubbliche. Opere che appartengono a tutti i crotonesi, non solo a una parte.

C’erano i ragazzi della Kroton Nuoto, gli esclusi, quelli tagliati fuori dalla piscina olimpionica comunale. C’erano i giovani crotonesi che non chiedono favori, ma diritti.

Che non parlano più ai politici – tanto non ascoltano – ma ai cittadini. Perché nemmeno di fronte a un’interpellanza ufficiale presentata in aula hanno risposto.

Fanno finta di non sentire.

E allora i ragazzi hanno lanciato un appello. Secco. Diretto. Un appello a chi ha ancora il coraggio di indignarsi. Un grido che non cerca riflettori, ma giustizia.

Erano lì, mentre altri si lavano le mani.

Loro, invece, alzano la voce.

Erano lì, come ultimo gesto, come ultimo monito. Non più rivolto a istituzioni sorde e inadeguate, che espongono con orgoglio le immagini di Falcone e Borsellino nelle sale del potere, ma che troppo spesso ne svuotano il significato.

I ragazzi della Kroton Nuoto.

Quelli dimenticati. Quelli esclusi da un impianto comunale. Quelli che da mesi non possono più entrare nella piscina olimpionica.

Un impianto pubblico.

Chiuso a una parte di cittadini giovani e meritevoli, forse più ostinati. Nessuna rabbia. Solo dignità. Nessun rancore. Solo un grido civile, nell’aria ferma di una campagna elettorale.

Loro erano lì. Mentre chi avrebbe dovuto rappresentarli voltava lo sguardo altrove, rifiutando ancora una volta di svolgere il proprio ruolo: promuovere e difendere la legalità all'interno della comunità, contrastare fatti e comportamenti che generano disagio, ingiustizie e situazioni inaccettabili.

Dopo l’interpellanza che ho presentato al Comune, abbiamo assistito a una "non risposta" da parte dell’ente, che ha cercato di far passare il messaggio che il Comune non abbia alcuna responsabilità rispetto alla società che gestisce l’impianto.

Un’assurdità. L’affidamento della gestione della piscina è stato conferito proprio dal Comune.

La piscina olimpionica è un bene comunale.

È una situazione incresciosa, che si consuma sotto gli occhi del sindaco e la giunta, che ancora una volta, si sceglie il silenzio, invece di schierarsi dalla parte dei cittadini più giovani.

Sono in corso denunce.

Nel frattempo, si continua a giocare a giochi politici, che sembrano rendere ogni giorno più difficile l’accesso alla piscina comunale di via Giovanni Paolo II per i ragazzi della Kroton Nuoto.

Una condizione impropria, inaccettabile, che non riguarda solo un’associazione sportiva, ma l’intero diritto allo sport di decine di giovani atleti.

Ragazzi costretti ad allenarsi in mare, in condizioni umilianti, mentre la politica cittadina si trincera dietro cavilli burocratici e silenzi colpevoli.

Io non mollo. E su questa vicenda ci tornerò ancora.

Alla faccia di chi continua a mentire, sostenendo che l’ente non possa fare nulla e che non abbia responsabilità, quando invece proprio il Comune dovrebbe denunciare una situazione che sta infangando un bene di proprietà pubblica.

[IGINIO PINGITORE- Consigliere Comunale Crotone

venerdì 19 settembre 2025

A GAZA OGGI SI CONTANO OLTRE 50.000 BAMBINI UCCISI, MA AL MONDO ANCORA NON BASTANO

 


Ma il mondo può davvero restare a guardare mentre un popolo viene massacrato?Può tollerare che uno Stato, come Israele, porti avanti una distruzione sistematica, nell’indifferenza generale?

Sì, ci sono appelli, dichiarazioni, ammonimenti. Ma non bastano. Servono solo a lavarsi la coscienza. Molti parlano di “mantenere l’equilibrio”, come se il timore di un conflitto globale giustificasse l’inazione. Ma davvero si crede che, restando in silenzio, si eviterà lo scontro? Che l’orrore consumato a Gaza, su civili, su bambini, non sarà la miccia di qualcosa di ancora più grande? Quello che sta accadendo è disumano.

Una brutale violenza, dove chi cerca un rifugio o un pezzo di pane diventa un bersaglio. Una guerra che ha perso ogni traccia di umanità. Una deriva che ha il volto di Netanyahu, ma che rischia di marchiare un intero popolo.

Perché, così facendo, non solo si sta massacrando la Palestina. Si sta preparando il terreno a un conflitto globale. Si sta seminando odio contro Israele stesso, rischiando che il mondo confonda un governo con un popolo.

Dopo l’Olocausto, Israele ha avuto la compassione del mondo. Ma oggi? Oggi rischia di raccogliere rabbia e ripudio. Il mondo ha una sola responsabilità, ora: fermare questa follia. Frenare questo Stato. Prima che sia troppo tardi. Per tutti.


CROTONE, BONIFICA IN STILE MATURITÀ: "M'HAI CACCIATU U PINSIJIRI ... MA I VOTI NON SI VEDONO.


Dopo il saluto del Commissario alla Bonifica, generale #Errigo, non posso fare a meno di tornare con la memoria a certi episodi del passato.

Tempi in cui la gente era semplice, ma pure un po’ furbetta. Perciò, se me lo permettete, concedetemi qualche metafora, come si faceva una volta, quando ci si capiva con un sorriso e due proverbi.

La questione crotonese – l’ho già detto e lo ripeto – mi ricorda la tela di Penelope: si annoda, si scioglie, si ricuce… e non si finisce mai. Un’opera infinita. E ormai, più che un problema nazionale, sembra un episodio di vita paesana, come questo:

C’era una volta, nel mio paese, quando uno riusciva a diplomarsi, era come se avesse vinto un Nobel. Un traguardo epocale. La scaramanzia era legge, e al rientro in paese – dove tutti si conoscevano e si viveva come in una famiglia allargata col campanile in mezzo – partiva subito la fatidica domanda:

 “Comu su juti l’esami?”, "come sono andati gli esami?" E il ragazzo, con le mani in tasca e il sorriso da chi la sa lunga, rispondeva:  “M’hai cacciatu u pinsijiri.” Tradotto: “Mi sono tolto il pensiero.”

Un capolavoro di diplomazia: dire qualcosa senza dire niente. Fino a che non uscivano “i quadri” – gli elenchi con i voti appesi a scuola – tutto restava top secret. Solo allora si scopriva la verità.

Ora, passati decenni, i tempi sono cambiati. Ma le frasi, quelle no.

Oggi come allora, c’è chi parla molto… per non dire niente.E così, al posto dell’esame di maturità, esaminiamo ad esempio il caso dela bonifica di Crotone.

Al posto dello studente, funzionari e rappresentanti istituzionali. Ma la risposta è sempre la stessa: “I lavori sono stati eseguiti.” “Ringraziamo tutti per la collaborazione.” Insomma della alla paesana: 

 “N’amu cacciatu u pinsijiri.” (Ci siamo tolti il pensiero.) Peccato che l’unico a non esserselo tolto… siamo noi e i cittadini crotonesi.

Perché dopo anni di attese, proteste e promesse, non si capisce ancora cosa sia stato fatto, come sia stato fatto, e soprattutto se sia stato fatto in sicurezza. Le domande dei comitati e dei cittadini restano tutte lì, appese a un muro di silenzi istituzionali.

Ora il Commissario Errigo ci saluta. Ha fatto ciò che poteva e doveva, e nessuno mette in dubbio il suo impegno. Il problema è che non sappiamo nulla con certezza, né dei risultati, né delle intenzioni future. E questo, in un territorio martoriato come il nostro, non è accettabile.

Non è colpa sua. Lui ha eseguito un mandato. La colpa è di chi quel mandato l’ha scritto (o forse no). Di quella politica più preoccupata di fare propaganda che progetti. Di quei politicanti che si ricordano di Crotone solo in campagna elettorale, come oggi alle regionali, con il sorriso, con  il santino e la tasca piena di promesse generiche.

La bonifica? Sparita dai programmi. Il futuro della città? Un mistero.

L’importante, per alcuni, è lo spettacolo estivo, l’intrattenimento, le luci e i microfoni. Le cose serie, invece, sempre in fondo all’ordine del giorno. Quando ci arrivano.

Ma tanto, alla fine, chi se ne importa se il lavoro è stato fatto bene o male.

L’importante è potersi dire: “N’amu cacciatu u pinsijiri.”

Come quel vecchio studente, impreparato e illuso, convinto di aver passato l’esame… solo perché l’esame è finito.

mercoledì 17 settembre 2025

NON È SATIRA. È DIFFAMAZIONE! UN CLIMA SURREALE E PROPAGANDA POLITICA A TAMBURO BATTENTE NELLA CITTÀ PITAGORICA


Mi permetto di chiudere definitivamente sta mediatico, la vicenda legata al post pubblicato da Fortz Brayan. Non per alimentare ulteriori polemiche — che, tra l’altro, non sono partite né da me né da alcun membro di Stanchi dei Soliti — ma perché è necessario porre un argine al clima tossico che si è creato.

Siamo amministratori di questa città, e spetta prima di tutto a noi riportare ordine e serenità nel dibattito pubblico. Come gruppo consiliare, siamo persone pacifiche, impegnate esclusivamente per il bene della collettività. È arrivato il momento di mettere un freno a questa corsa sfrenata alla propaganda: non se ne può più!


Un amministratore non può utilizzare i canali come vetrina celebrativa, pubblicizzando  ogni opera come se fosse un trionfo. Fare il proprio dovere non è un merito straordinario, è una responsabilità. Non è accettabile che, dopo ogni post ufficiale, si attivino sindaco, giunta, consiglieri e persino sostenitori di piazza, fino ad arrivare a profili senza identità che deridono e attaccano chi esprime opinioni diverse. Peggio ancora: abbiamo scoperto che dietro queste dinamiche, di livello bassissimo, si muovono anche figure istituzionali di rilievo. È inaccettabile. È una vergogna.

Basta propaganda, basta personalismi: davvero, non se ne può più.

I FATTI:

dopo aver espresso una mia opinione, sono stato diffidato dal titolare di chi detiene quel profilo social, che solo in un secondo momento, a seguito di una comunicazione formale inviata tramite PEC, ha dovuto rivelare la propria identità, con nome e cognome.

Costui non ha esitato a diffamarci pubblicamente, per poi avere persino la pretesa di diffidarci per aver risposto. È surreale: chi insulta si arroga anche il diritto di zittire.

Ho risposto con una contro-diffida di tre pagine, che può avere serie conseguenze legali, nella speranza che questo teatrino finisca qui.

Chi ha davvero a cuore la città smetta di alimentare tensioni e giochi di potere. La città ha bisogno di amministratori seri, non di protagonisti da social.

UNA BREVE RICOSTRUZIONE:

tutto è iniziato domenica 14 settembre. In un tranquillo pomeriggio di riposo in famiglia, su Facebook è apparso un post, nel quale è stato manomesso il logo ufficiale del nostro Movimento “Stanchi dei Soliti”, trasformandolo in “Stanchi dei Cioti”, accompagnato da allusioni politiche prive di fondamento. A che scopo?

Il post conteneva riferimenti vaghi e insinuanti a presunti temi urbanistici, completamente scollegati dalla realtà.

Ho ritenuto doveroso rispondere pubblicamente, come visibile online, accusando  l’autore per diffamazione aggravata a mezzo stampa, uso indebito di simboli registrati e attacchi personali rivolti sia al gruppo consiliare che all’intero Movimento.

Il logo del Movimento, regolarmente registrato, è stato alterato in modo offensivo: da “Stanchi dei Soliti” a “Stanchi dei Cioti”.

Nel nostro contesto linguistico, "cioti" è un termine fortemente denigratorio, traducibile con “cretini”, “ignoranti” o “persone stupide”.

Questo non è satira, né critica politica legittima: è un chiaro e deliberato tentativo di screditare un gruppo politico istituzionale e i suoi sostenitori.

Il post ha avuto ampia diffusione, con oltre 150 reazioni in poche ore, accompagnato da una pioggia di commenti ironici, faccine beffarde e scherni mirati.

Altro che dibattito democratico: siamo stati messi alla berlina in piena campagna elettorale.

Solo dopo un formale sollecito via PEC, l’autore si è fatto vivo, inviandomi un messaggio tutt’altro che distensivo, nel quale rivendicava le proprie azioni e mi diffidava.

Scelgo di non rendere pubblico il contenuto di quel messaggio, non perché obbligato, ma per una mia scelta etica.

Resta però il fatto che l’anonimato del profilo — privo di nome, cognome, foto reale o riferimenti — ha favorito un clima di ambiguità e manipolazione, trasformandolo in uno strumento di attacco politico mascherato da ironia.

È inaccettabile che un soggetto anonimo possa insultare pubblicamente rappresentanti eletti dal popolo e poi lamentarsi delle conseguenze, chiedendo persino la rimozione delle nostre risposte.

Come se non bastasse, alla nostra replica, il medesimo profilo ha rilanciato, accusandoci di cyberbullismo per aver commentato e condiviso pubblicamente ciò che lui stesso ha pubblicato.

Siamo davvero all’assurdo: viene definito cyberbullismo il semplice esercizio del diritto di replica. Un ribaltamento dei ruoli totalmente inaccettabile.

Non finisce qui. A peggiorare il quadro, è intervenuto un esponente apicale del Palazzo di Piazza della Resistenza, che in un commento ha espresso sostegno implicito all’autore del post, affermando ironicamente: “Se gli oppositori sono questi, ci faranno stravincere di nuovo.” Un commento che dimostra chiaramente l’ostilità politica nei confronti del nostro movimento, e conferma che quanto accaduto non è casuale, ma parte di un disegno comunicativo ben preciso. Ma si può arrivare a questo? I fatti, quindi, dimostrano quanti profili lavorano per tenere alta la becera propaganda.

Pertanto, alla luce dei fatti, la mia posizione è chiara: Nessun contenuto verrà rimosso; rivendichiamo il diritto di cronaca e di replica, le nostre dichiarazioni non sono insulti, ma risposte legittime a un attacco grave, gratuito e premeditato.

Nel frattempo, è già stata inviata una contro-diffida di tre pagine e non si escludono ulteriori azioni legali.

Pretendiamo pubblicamente spiegazioni e scuse.

La politica deve tornare a essere confronto serio, non farsa da tastiera.

domenica 14 settembre 2025

CROTONE E I NUOVI FACCENDIERI DI PALAZZO: LA PIÙ BRUTTA BESTIA POLITICA.

 


Premessa:  Leggo un post semplicemente disgustoso. Vi invito a leggerlo attentamente: tra le righe si percepisce l’arroganza nauseante di un individuo — uomo o ragazzo, non so chi sia,  che sembra parlare dall’alto di un piedistallo immaginario.

Faccio parte di questo movimento politico dal 2020, all’inizio di questa sindicatura, dopo essere stato invitato ad aderire a un gruppo nato nel 2011, composto da giovani colti, preparati e animati da una visione politica seria. E ora questo tale Fortyz Brayan si permette di etichettarci come “stanchi dei soliti” e “stanchi dei cioti”.

So benissimo da dove provengono questi termini. Sono espressioni che rimbombano da tempo nei corridoi del Palazzo di Via della Resistenza — e mi sono risuonate fin troppe volte nelle orecchie. “Cioti”: un termine sprezzante, usato scientemente per screditare chi, come noi, fa opposizione seria, fondata sui fatti e sulla trasparenza.

È evidente, caro Fortyz, che lei si presta volentieri a questo gioco di delegittimazione. Si parla di urbanistica, ma non è chiaro a cosa alluda. Quel che è certo è che, prima di atteggiarsi a conoscitore o peggio ancora a moralizzatore, farebbe bene a vestirsi di umiltà. Se si riferisce alla mia persona, la invito a documentarsi sulla mia lunga attività, sia lavorativa che politica.

Scenda dal piedistallo, per cortesia. Perché chi si crede superiore senza motivo, dimostra soltanto una cosa: che all’arroganza fa sempre eco la stoltezza.

Ora, cari amici, se avete voglia di conoscere di più di questa maggioranza e di questo nuovo personaggio che la difende, vi invito qualche minuto a leggere.

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Lei, Fortyz Brayan, chi è, mi scusi? Un politico? Un giovane brillante che ama la sua città? O forse… un altro strumento del potere travestito da cittadino modello?

La seguo, sa? Conosco i suoi post, le sue parole educate, quel suo desiderio di una città "bella, moderna, carina"… e gliene rendo merito. È raro vedere qualcuno che crede ancora nel bene comune. Una persona diversa, mi dicevo. Uno che ci tiene davvero.

Poi ho visto il suo profilo: ordinato, curato, utilizza tanti tanti link, è capitato di riempirmeli esageratamente anche commentando un mio post, articoli, fonti a non finire. Non si limita a dire la sua, no — la deve dimostrare, a tutti i costi. Perché la sua idea, per esistere, ha bisogno del timbro degli altri. E fin qui, nulla di male. Anzi.

Ma questo post, questo qui, ha tolto la maschera, da oggi non merita più la mia stima.

Ora è chiaro chi è davvero: un megafono al servizio del sindaco e della sua nuova, comoda maggioranza. Quella nata da una metamorfosi così abile e cinica da riportare al potere chi, fino a ieri, era stato condannato all’irrilevanza politica.

Complimenti, Fortyz Brayan. Anche a lei piace la metamorfosi. Peccato non conoscere il suo vero nome! Ma che vuole, non tutti ci mettono la faccia.

Eccoci, Fortyz Brayan. È arrivato il momento della verità. Adesso sì che si sbilanci per il nostro sindaco, forse in vista delle Regionali. Serve consenso, serve visibilità, servono voti. Nulla di nuovo: la politica è anche questo.

Ma lei, proprio lei, non doveva farlo.

Durante la campagna elettorale rammento le sue parole come pietre:

“Mai con Forza Italia. Mai con gli Sculchiani. Mai con chi ha governato questa città.”

Parole forti, granitiche, pronunciate per rassicurare una cittadinanza stanca e tradita.

E ora? Neanche un accenno nel suo profilo. Sparite. Evaporate. Tanto — penserà — “non serve”, vero? Ma invece servirebbe se si avesse un po di onestà intellettuale.

I casi della vita, eh Fortyz Brayan ?

Oggi, è socio proprio di quelle stesse persone che — con la sua voce tonante e sicura — ha massacrato pubblicamente in Piazza Marinai d’Italia. Si ricorda?

I suoi comizi infuocati, le parole dure, i nomi e cognomi sbattuti contro la folla, come simboli di un passato da cancellare.

Erano il male assoluto. Ora sono suoi alleati.

Ma queste cose, non la scandalizzano, caro Fortyz nei suoi post non le racconta. Perché? Non fa parte dell’amore per Crotone? Non è forse anche questo “amare la città”? Dire la verità, anche quando brucia?

Liberarla dai dileggiatori, dai falsari, dai trasformisti, non era questo il suo compito? La voce l'alza contro di noi che, insieme ai cittàdinj siamo reduci di un vero e proprio tradimento politico

O forse la voce l’usa solo finché fa comodo, finché serva ad attirare applausi.

Ora, invece, serve il silenzio.

Il silenzio dei complici. Dei convertiti. Di chi ha capito che “per stare a galla”, bisogna dimenticare. Ma sappia una cosa, Fortyz:

qualcuno ricorda. E continuerà a parlare. Anche quando la piazza sarà vuota. Noi lo faremo! 

Ha già imparato l’arte.

Giovane, almeno credo, ma già perfettamente inserito in quella mentalità che considera la campagna elettorale una fiera delle illusioni:

"Diciamo a questi quattro "cioti" quello che vogliono sentire, poi il potere lo gestiamo noi. Tanto il popolo dimentica."

Complimenti davvero. Continui così, Fortyz Brayan!  Sta dimostrando di essere all’altezza del ruolo: un impeccabile scodinzolatore al servizio dei nuovi potenti di Crotone.

Condivida pure le piazze piene, i cantanti pagati con il sudore, i sacrifici — e sì, anche la morte — dei crotonesi.

Sorvola pure sui fondi Eni. Dimentica l’accordo con Eni.

La stessa Eni che i suoi “amici” in campagna elettorale definivano il nemico numero uno. 

“Eni sarà il nostro nemico”, dicevano in coro.

E oggi? Oggi la multinazionale vi tratta con guanti di velluto nei lavori della "bonifica".

E mentre cittadini e comitati gridano giustizia per una messa in sicurezza che non c’è, voi pubblicate sorrisi, selfie e passerelle.

Vada avanti così, Fortyz. Ma sappia che qualcuno non dimentica. La chiudo qui, Fortyz. Altrimenti ci vorrebbe un libro.

Continuerò a seguirla, sa? Mi auguro che vorrà ancora mostrarci le "bellezze" di Crotone: i lavori di ieri, di oggi e – perché no – anche quelli di domani. Purché, ovviamente, siano tutti a firma “Voce”. 

Del resto, non si preoccupi: ci penseremo noi  quei quattro “cioti” di cui lei e i suoi amici vi fate beffe, a raccontare anche il resto.

Sì, ne faccio parte anche io di questo movimento. E ne vado fiero, anche di essere "cioto", perché se fossimo stati “intelligenti” come lei e I suoi amici, ci saremmo piazzati comodi su qualche poltrona, con stipendi da favola e la coscienza in saldo.

Ma abbiamo scelto altro.

Abbiamo scelto ciò che lei non ha il coraggio di fare:

Mostrare il brutto, il marcio, il tossico, il velenoso di questa città. 

Quello che da anni cercate di nascondere sotto il tappeto, e lei è il primo a farlo sul suo profilo:

il distretto energetico selvaggio,

l’ampliamento degli inceneritori,

le concessioni facili per parchi eolici a terra e a mare,

il rigassificatore,

le polveri delle biomasse e della turbogas,

una bonifica finta, da quattro soldi, non quella imposta dai tribunali,

l’isolamento,

lo spopolamento.

La lenta morte di Crotone.

Auguri, FortyzBrayan. Continui pure così, al fianco degli uomini di potere.

Si goda la ribalta. I like. Le pacche sulle spalle.

Ma si ricordi una cosa:

Crotone si salverà con i “cioti”, non con i filibustieri né con i "tragiraturi" che l’hanno ridotta a una vacca da spremere.

DONNE A LUTTO PER SEMPRE: I MIEI RICORDI.

 


L’immagine di quella donna vestita di nero, di un tempo che poi non è nemmeno così lontano, è ancora viva nei miei ricordi. Una quarantina d’anni fa, dalle nostre parti, era normale incontrare vecchiette interamente vestite a lutto. Erano le donne di un’altra epoca: madri, mogli, figure forti e silenziose, sempre pronte al sacrificio. Ce le ricorda anche il nostro conterraneo #RinoGaetano nel suo testo "Ad esempio a me piace il sud".

Se una donna perdeva il marito, anche nei primi giorni del matrimonio, raramente si risposava. Faceva voto di lutto eterno. Ma cosa significava, davvero, "portare il lutto"?Significava vestirsi di nero dalla testa ai piedi: scarpe, calze, abiti, e quel copricapo che non toglieva nemmeno sotto il sole cocente d’agosto. Almeno per cinque anni, spesso dieci. Poi, magari, levava le calze nere... ma l’abito scuro lo conservava per tutta la vita.

Era “la vedova”.

Ne ricordo una, sempre vestita di nero, instancabile lavoratrice. Rimasta sola, cresciuto i figli tra mille sacrifici, affrontando tutto con dignità e senza mai dimenticare l’amore perduto. Nel suo cuore, il marito non è mai morto. Lo portava con sé, ogni giorno, e lo testimoniava con quel lutto fedele fino all’ultimo respiro.

Tempi duri, senza dubbio. Oggi tutto è cambiato. Ma il ricordo di quelle donne resta scolpito nel cuore. Bastava un contatto con loro per percepire qualcosa di profondo: sublimità, dolcezza, amore incondizionato, forza silenziosa. Erano sempre pronte a rinunciare a tutto, pur di proteggere chi amavano.

Anche nella mia famiglia il dolore ha lasciato il segno. Perdemmo un fratello di appena 25 anni. Mia madre, da quel giorno, vestì di nero per sempre.

È difficile capire quella mentalità, quella cultura. Ma quella era la realtà: la sofferenza era un tesoro da custodire, non da nascondere.

Per l’uomo il lutto era diverso. Non portava il nero per sempre. Il lavoro nei campi non lo permetteva. Ma anche lui soffriva, e nel silenzio. Lasciava crescere la barba, tornava ogni sera a casa, senza più spensieratezza, senza più festa.

Un tempo in cui il dolore si portava addosso, con fierezza e amore. Un tempo che non c’è più, ma che non può essere dimenticato.

venerdì 12 settembre 2025

AMERICA, SI SPARA ALLA VERITÀ: UCCISO CHARLIE KIRK PERCHÉ DIFENDEVA I VALORI CRISTIANI?

Charlie Kirk è stato ucciso. Colpito da un proiettile mentre parlava durante un evento universitario, è caduto da martire sotto gli occhi del pubblico. Gli investigatori hanno ritrovato un fucile ad alta potenza nei pressi della scena dell’attentato: un’esecuzione in piena regola. Non si tratta più solo di censura; se venisse confermata l’ipotesi che l’omicidio sia legato a motivazioni ideologiche, significherebbe che oggi si arriva a premere il grilletto contro chi osa opporsi al pensiero unico dominante.

Con il suo podcast, The Charlie Kirk Show, portava nei campus americani un messaggio chiaro: difesa della vita, responsabilità personale, amore per la famiglia. Combatté il progressismo sfrenato, il multiculturalismo ideologico e la cultura woke, che stanno erodendo le fondamenta morali dell’Occidente.

Intanto, a Roma, tra giubilei che sanno di blasfemia e benedizioni a nuovi “modelli di famiglia”, tutto tace. O peggio: si acconsente. La voce di chi difende i valori cristiani viene soffocata nel sangue. Charlie Kirk era un cristiano evangelico, uno dei pochi che ancora difendeva ciò che per secoli ha reso forte la civiltà cristiana.

Il volto feroce delle nuove ideologie globaliste si sta rivelando: chi si oppone, rischia la vita.

E come non ricordare le parole del grande Benedetto XVI, che ancora oggi risuonano come una profezia:

“Chi non si uniforma alla dittatura del relativismo viene perseguitato.”

A chi si professa cattolico, un appello: non cediamo ai compromessi di nuovi pastori confusi. Non seguiamo le mode, né dottrine travestite da misericordia. Affidiamoci al Vangelo. Solo lì è custodita la verità che salva. E per la quale, ancora oggi, nei tempi bui in cui viviamo, c’è chi è disposto a morire. 

martedì 2 settembre 2025

MAGNA GRECIA PARK TRASFERITO A BELCASTRO: IL SILENZIO DELLE ISTITUZIONI LASCIA PERPLESSI. PRESENTATE DUE INTERROGAZIONI


Il trasferimento del Magna Grecia Park da Crotone a Belcastro è avvenuto in un silenzio istituzionale che lascia profondamente perplessi.

A sorprendere è, innanzitutto, l’assenza totale di confronto all’interno del Comune e della Provincia di Crotone, enti che rappresento direttamente. Ma ciò che colpisce ancora di più è il silenzio assordante da parte dei sindaci del territorio provinciale: molti di loro avevano inizialmente aderito con entusiasmo al progetto, eppure oggi assistono passivamente al suo spostamento in provincia di Catanzaro, senza esprimere né consenso né dissenso.

Questo silenzio può forse essere letto come una forma di condivisione della scelta? Se così fosse, sarebbe doveroso spiegarlo chiaramente ai cittadini. Se invece si tratta di una decisione subita, è ancora più grave che nessuno senta il dovere di parlarne. Tutto tace. L’argomento sembra scivolare via nell’indifferenza generale. E quando i rappresentanti di un territorio non prendono posizione, si genera smarrimento e si legittimano sospetti.

Parliamo di un progetto culturale e identitario che riguarda l’intera area della Magna Grecia. Non può essere modificato o ridisegnato senza confronto, senza trasparenza, senza una visione condivisa.
La politica ha il dovere di spiegare, di rappresentare, di assumersi la responsabilità delle scelte. In questo caso, purtroppo, ha preferito tacere.

Eppure, il Comune di Crotone ha formalmente detto no al progetto. Ma lo ha fatto in modo opaco, senza alcuna comunicazione ufficiale alla città. Solo dopo il clamore suscitato in città, il sindaco ha pubblicato un breve articoletto di poche righe. Una giustificazione tardiva e insufficiente.

Per questo motivo, ho presentato due interpellanze: una al sindaco di Crotone (a risposta orale) e una al presidente della Provincia (a risposta scritta). Lo faccio nella mia veste di consigliere comunale e provinciale, con l’obiettivo di fare chiarezza, non di creare polemiche.

Viviamo in una comunità sempre più attiva solo su temi effimeri, mentre su questioni fondamentali come lo sviluppo economico e culturale prevale l’indifferenza. Eppure, il Magna Grecia Park rappresentava un’opportunità concreta per Crotone. Un’occasione storica per rompere l’isolamento e l’immobilismo che da decenni bloccano la città.

Le mie interpellanze non sono pretestuose. Servono a riportare trasparenza nei rapporti tra istituzioni e cittadini. Perché anche un eventuale diniego può essere comprensibile — se fondato su vincoli reali, motivazioni tecniche o ostacoli oggettivi. Ma finché non vengono chiarite, rimane solo il sospetto.
Sindaco e presidente della Provincia hanno il dovere di informare. È una questione di rispetto verso la città e verso chi la rappresenta.